Raramente i prodotti ci appaiono come realmente sono ovvero raramente sono come appaiono (compito degli specialisti del Marketing è, fra gli altri, appunto questo).
Il consumatore infatti opera una trasfigurazione anche profonda del prodotto percependo solo alcuni dettagli, tralasciandone altri, nel modo a lui più congeniale ed economico.
Capire i meccanismi che influenzano la percezione evita di fare degli errori nella messa a punto del prodotto.
Buona parte delle informazioni che ricaviamo da un prodotto dovrebbero provenire a rigor di logica dal prodotto stesso. Vi sono comunque altre informazioni che vengono mediate dalle capacità percettive individuali. Non vorremmo affermare, parafrasando il titolo di un noto best-seller, che nel prodotto esistono due stati, l’Essere e il Sembrare, bensì che esistono infinite possibilità di percepire lo stesso prodotto. Sorge allora spontaneo domandarsi, non esistendo una percezione oggettiva, quali siano le vere caratteristiche del prodotto. Per quanto riguarda il Marketing possiamo dire molto semplicemente che il prodotto reale è quello “interpretato” più coerentemente dalla maggior parte del pubblico al quale esso è indirizzato. Se la percezione delle cose varia con il variare delle culture, dell’età, del gruppo di appartenenza, dello spirito del tempo, si comprende che è di fondamentale rilevanza non solo riuscire a creare un oggetto con specifiche prestazioni ma anche fare in modo che queste vengano percepite correttamente dall’acquirente.
Ad esempio esistono degli studi sulla percezione visiva (ma la cosa è valida per tutti i nostri sensi) che hanno messo in luce che francobolli e monete di diverso valore nominale pur fisicamente identici vengono percepiti come di dimensione più o meno grande.
Esistono, sempre in via di esemplificazione, dei codici colore cui i prodotti (e non solo quelli da mass-market) devono sottostare. Sono dei veri e propri archetipi che ci portiamo dietro e che ci permettono di capire e di accettare un prodotto solo quando la loro presenza è in sintonia con la funzione del prodotto stesso. Riuscite a immaginare un disinfettante in un flacone che non abbia come codice colore almeno un pò di verde o di bianco? La funzionalità del prodotto, in un simile caso non direttamente verificabile dall’utilizzatore, viene infatti comunicata da un colore o da un odore.
Esistono poi delle modalità percettive che derivano dalla consuetudine e dal vizio, molto umano, di classificare gli oggetti creando delle associazioni logiche. Da ciò deriva che la forma di un qualsiasi prodotto non può essere troppo diversa dalla sua classe di prodotto (la category, appare una vera e propria idea proveniente dal mondo delle idee di Platone) perché rischierebbe di non essere riconosciuto. Una scatoletta bassa rettangolare contiene sgombro, se a parità di altezza è tonda contiene tonno, se è un po’ più alta contiene carne, se è ancora più alta contiene una bevanda e via dicendo.
A proposito della forma possiamo aggiungere che esiste un elevato numero di prodotti che (spesso standardizzati nella quantità di contenuto a norma di legge) vengono percepiti come più o meno convenienti rispetto al contenuto perché la loro “size impression” (percezione della dimensione) è profondamente diversa. Carte igieniche più o meno avvolte, flaconi di shampoo e bottiglie di alcolici più o meno schiacciati giocano spesso su questi aspetti.
Lo studio della percezione nel Marketing assume grande rilevanza quando trova delle applicazioni “straordinariamente” creative. Pensiamo ad esempio alla percezione e alla quantificazione che facciamo del nostro appetito. Se ragioniamo in sequenza logica siamo portati a pensare prima ad un piatto di pasta poi ad un secondo, ad una frutta e infine ad un caffè. Se siamo costretti ad invertire il processo logico della successione da una nuova disposizione dei vari piatti, come avviene nei self-service dove la logica espositiva funziona a ritroso e ci troviamo costretti a prendere prima il dolce poi il formaggio e così via fino al primo piatto, stiamo pur certi che acquisteremo qualche cosa in più del necessario. Questo perché non abbiamo avuto modo di “riempire” visivamente in ordine consueto il nostro stomaco fino a soddisfare le nostre reali necessità alimentari.
Altro esempio. La solidità e la robustezza degli oggetti non sempre può essere provata direttamente. Crediamo che nessuno si metta a colpire la carrozzeria della propria auto per provarne la solidità; ma dal tipo di “clack” (che va da un bel rumore “pieno” ad uno sgradevole suono “di latta”) proveniente dalla chiusura della portiera inconsapevolmente valutiamo la consistenza della carrozzeria. Questo è uno dei motivi per cui le portiere delle auto oggi con una carrozzeria di spessore sempre più piccolo per meglio assorbire gli urti vengono ben insonorizzate. Questo espediente infatti garantisce un bel suono cupo tipico di un “corpo pieno” e, a dispetto di un modesto spessore della lamiera, offre al conducente l’elevata sensazione di sicurezza di trovarsi in una “botte di ferro”.
Ma allora cosa è in realtà il prodotto?
Diciamo la materializzazione di una nostra attesa o di un nostro sogno senza badare se si tratti di una proiezione o sia reale.