La vergogna è un sentimento che si estende da una situazione di imbarazzo e disagio ad un’umiliante mortificazione per un’azione percepita come indecorosa. Sono quindi tantissime e disparate le circostanze e le motivazioni che possono spingere a provare vergogna.
Su questo pilastro poggia una delle strategie di marketing più efficaci mai ideate: l’utilizzo della VERGOGNA come motivazione alla vendita. Per superare un momento di imbarazzo può bastare, secondo il pensiero del marketing, un semplice deodorante, una maglietta ben lavata o uno shampoo antiforfora.
Dall’alito cattivo, alla forfora, dall’alone di sporco intorno al colletto della camicia ai capelli grigi, la strategia della vergogna sociale è diventata la strategia di vendita più redditizia di tutti i tempi.
Tutto ebbe inizio nel 1824 quando il dentista inglese Joseph Peabody inventò il primo dentifricio in pasta. Il prodotto era composto da sapone, gesso e acqua, ed era venduto in barattoli. Tanto per chiarire, il termine dentifricio deriva dal latino e significa “strofinare i denti”. Apparse per la prima volta le pubblicità del dentifricio (oggetto fino ad allora sconosciuto) suggerivano che una bocca fresca avrebbe potuto aiutarti ad attrarre il partner, forse a baciarlo.Ma allora i primi pubblicitari avevano un grosso ostacolo da superare: l’alito cattivo e gli odori corporali erano molto diffusi ed erano socialmente accettati. Quindi la strategia della réclame si concentrò nel collegare gli odori alla vergogna, e quindi la vergogna a quel particolare prodotto che avrebbe offerto la soluzione nel rimuovere gli odori.Questo non è altro che, plasticamente, il mondo del marketing: offrire la soluzione immediata ad un problema (che poi il problema sia vero o immaginario, non conta)
La strategia della “vergogna” rappresenta infatti uno degli strumenti di marketing più potente, utilizzabile in tutti i comparti di mercato, non solo nei toiletries dove è nato e si è sviluppato, ma impiegato ampiamente anche in ambito sociale e politico.
È il timore di essere giudicati dai nostri pari che ci spinge all’acquisto di molti prodotti.
L’imbarazzo sociale rappresenta infatti un mix di umiliazione, mortificazione e sofferenza, con un inebriante cocktail di soluzioni e relative strategie di marketing. E, ovvio, il mondo del marketing ha tutto l’interesse a mantenere viva e vegeta la sfera della vergogna, intima e sociale.
L’uso della “vergogna sociale” come strumento adottato dal marketing ha una storia lunga e interessante. Nasce come fenomeno di massa nel corso della rivoluzione industriale, quando apparvero per la prima volta gli articoli di lusso. Prima della rivoluzione industriale, la maggior parte della popolazione viveva un’esistenza rurale nelle campagne, allevando gli animali, coltivando il proprio cibo e confezionando in proprio i vestiti.
A quel tempo, esclusa la nobiltà, lo status e la sua esibizione non era un imperativo sociale da raggiungere. Ben presto, con la produzione di massa e l’ampia disponibilità delle merci, la società urbana iniziò a giudicarsi a vicenda in base a ciò che aveva acquistato e, in particolare, in base al proprio aspetto personale che doveva essere il più possibile lontano dalla propria origine villana (in contrapposizione a quella cittadina).
Si affermarono i titoli di rispetto da inserire prima del nome proprio per significare questo distacco: egregio (ex-grege, colui che ha abbandonato il mestiere di pastore), cortese (che viene dalla corte), gentile (che appartiene alla gens, ovvero nobile).
Ma siamo ancora molto lontani dalla nascita della ricerca motivazionale che richiederà un ulteriore secolo per affermarsi come strumento scientifico per comprendere le profonde dinamiche del consumo e creare il mestiere del pubblicitario. Ma man mano che la consapevolezza del potere della vergogna si diffondeva, le prime réclame la sfruttavano a piene mani come strategia di marketing.
Come si è detto tutto ebbe inizio con il dentifricio e poi a seguire con la saponetta, il deodorante e il bagno schiuma.
Gli inserzionisti percepirono le possibilità redditizie nel collegamento tra la vergogna e la soluzione: dovevano solo convincere il pubblico della natura repellente delle esalazioni corporee e che il sudore non era socialmente accettabile per evitare di venire socialmente respinti o evitati da chi aveva maggiore cura della propria persona.
Per convincere la popolazione che la sudorazione creava un grave imbarazzo sociale le réclame affrontavano la questione dell’odore di sudore come qualcosa di cui amici e conoscenti non ti avrebbero mai parlato direttamente, ma erano felici di spettegolare alle tue spalle. L’obbiettivo era creare insicurezza. Le pubblicità dell’epoca per aumentare il sentimento di vergogna parlavano di “un odore umiliante” di cui tutti parlano riferendosi, di nascosto, a te.
Ed è a questo punto che fa il suo ingresso trionfale nella pubblicità la parola alitosi.
Negli States arriva Listerine, inizialmente utilizzato come detergente per pavimenti, trattamento del cuoio capelluto e persino come cura per la gonorrea per poi diventare il prodotto che, uccidendo i germi orali, sconfigge l’alitosi. Il nome del prodotto “Listerine” venne conferito al prodotto in onore di Joseph Lister, un chirurgo britannico, pioniere della chirurgia antisettica.
Le pubblicità per l’alitosi spesso utilizzavano immagini e linguaggi che facevano appello alle paure e alle insicurezze delle persone. Ad esempio, un annuncio di inizio ‘900 per Listerine mostrava una donna che veniva respinta da un uomo a causa del suo alito cattivo mentre un altro annuncio mostrava un uomo che perdeva il lavoro a causa del suo pessimo alito.
Queste pubblicità hanno contribuito a rendere l’alitosi una questione di vergogna e imbarazzo. Di conseguenza furono molte le persone cge hanno iniziato a utilizzare prodotti per l’alitosi per migliorare la propria vita sociale e professionale.
Inutile affermare che la “vergogna” dell’alito cattivo è stata ed è una delle strategie di marketing più redditizie di tutti i tempi.
E poi una delle vergogne più temute dai maschi: l’eiaculazione precoce o la mancata erezione.
Comunque la strategia della vergogna è stata utilizzata come base per molte altre categorie di prodotti.
La vergogna della forfora arrivò negli anni ’60. Subito dopo si impose l’odore dei piedi.
L’attenzione dei pubblicitari si spostò successivamente dalla figura di chi che si sarebbe dovuto vergognare in prima persona a quella di chi era incaricato di tenere pulito ed in ordine il guardaroba, solitamente la moglie.
Se il collo delle camicie non era perfettamente lindo e stirato sarebbero stata la consorte a doversi vergognare di fronte alle amiche (così erano impostate le trame della pubblicità).
Oggi, il potere della vergogna come strumento di marketing continua a giocare un ruolo fondamentale in categorie di prodotto che non esistevano fino a pochi anni fa.
A livello globale ad esempio molte sono le pubblicità di prodotti sbiancanti per la pelle, anche ( prorpio) delle parti più intime.
Ma la vergogna più vergognosa nel marketing è incentrata sull’invecchiamento.
E’ decisamente proibito invecchiare e possibilmente si deve cercare di morire con una bella pelle luminosa, priva di rughe e morbida. Anche da trapassati dobbiamo lasciare ai posteri il meglio del ricordo di noi stessi.
La chirurgia estetica rappresenta l’apoteosi della vittoria della vergogna sociale. Gli Stati Uniti sono al primo posto negli interventi di chirurgia estetica, il Brasile è il numero due. Anche l’Italia, osservando i giovanissimi sembra decisamente impegnata nella gara.
In generale, le pubblicità che sfruttano la vergogna sociale fanno leva sulla paura di essere giudicati e la mancanza di autostima: le persone insicure sono più vulnerabili a questo tipo di messaggi e tendono ad acquistare prodotti per sentirsi meglio con se stesse.
La vergogna va a nozze con i prodotti di bellezza, con i prodotti dietetici, con il fitness ed il benessere, e con tutto ciò che rappresenta agli altri lo status conquistato, dalle auto di lusso: l’idea che possedere un’auto costosa renda più importanti e ammirati; alle vacanze esclusive: promuovere l’idea che solo viaggiando in località esotiche e costose si possa avere una vita appagante; a disporre di una tecnologia all’avanguardia: l’idea che possedere l’ultimo modello di smartphone o di altri dispositivi tecnologici sia fondamentale per essere super-smart e ammirati.
Considerando la vergogna come punto di partenza nelle vendite la ricerca di clienti che soffrono di inadeguatezza rappresenta un pozzo senza fondo. Il sentimento della vergogna alimenta costantemente la necessità trovare nuovi prodotti in grado di cancellare l’umiliazione.
Paradossalmente, nell’ottica delle vendite e del marketing, più che i clienti soddisfatti sono interessanti (e redditizi) quelli scontenti di se stessi.
E allora? È importante essere consapevoli di queste strategie di marketing e non farsi condizionare dalla vergogna sociale.
Dovremmo imparare ad amare e accettare noi stessi per come siamo, senza sentirci obbligati a comprare cose che non ci servono per essere felici.
Consiglio in una prossima giornata primaverile l’indosso di un paio di scarpe robuste da trekking e la compagnia del proprio cane per andar su e giù per monti e per boschi. Questo potrebbe essere l’incipit per rimuovere definitivamente la vergogna sociale.