Un biografo di Fidel Castro, tale Ramon, attesta che il lider maximo, leggendario sciupafemmine, avrebbe biblicamente conosciuto, il calcolo è spanne, 35mila amanti, spesso 2 o 3 per volta.
Leggenda? Ai posteri l’ardua sentenza.
Comunque le performance amatorie del lider maximo sono poca cosa nel confronto con i 500milioni di baci sulla bocca riservati ad Anne, per l’esattezza Resusci Anne, ricompensa garantita a priori che ha salvato ad oggi almeno un milione di persone.
Anne è il nome attribuito al manichino impiegato in tutto il mondo nella formazione nelle procedure di rianimazione cardio- polmonare. Un bambolone realizzato in plastica morbida di elevata qualità e dall’aspetto realistico, anche nelle misure, corrispondenti a quelle di una donna di taglia media.
Andiamo per ordine e cosa a cosa è servito il pizzico di marketing (che altro non è che il buonsenso applicato) senza il quale Resusci Anne non avrebbe avuto il successo che meritava.
Tutto ebbe inizio quando Peter Safar, un medico austriaco, sviluppò una tecnica di rianimazione che combinava il massaggio cardiaco con la respirazione bocca a bocca. Il dottor Safar presentò questa metodologia a fine anni ’50 ai suoi colleghi con un articolo sulla RCP (Rianimazione Cardio Polmonare) sul Journal of the American Medical Association. Si trattava di una tecnica innovativa di pronto intervento che dava la possibilità di salvare delle vite umane in caso di annegamento, complicazioni legate al parto, arresto cardiaco …
Lui e la sua equipe avevano sperimentato a lungo questa tecnica, il problema era come addestrare gli altri colleghi medici all’utilizzo di questa nuova tecnica che, tra l’altro, richiedeva una serie di manovre che se mal effettuate potevano essere potenzialmente pericolose per la vita della persona soccorsa (la rottura delle costole era di routine nel corso del training).
Serviva un manichino, un manichino il più realistico possibile che interagisse con il medico per segnalare l’appropriatezza o meno delle manovre. Fu così che Safar si rivolse (era il 1958) al più famoso fabbricante di giocattoli e bambole di quel tempo, il norvegese Asmund Laerdal, al fine di poter realizzare un manichino da allenamento il più realistico possibile. Asmund creò allo scopo il primo manichino in plastica morbida che era stata recentemente inventata. La speciale plastica rispondeva al requisito più importante, il realismo del feedback su come veniva condotta la procedura di rianimazione. La realizzazione del manichino era estremamente complicata. Il manichino doveva assomigliare a una persona priva di sensi, disporre di vie aeree che avrebbero potuto ostruirsi (e quindi da liberare), una testa che potesse essere girata, un torace che doveva rispondere all’azione pressoria ed infine essere facile da trasportare. Un ulteriore requisito era che molte persone potessero esercitarsi in rapida successione, senza timore di contaminazione, il tutto con un prezzo di mercato ragionevole per garantire la massima diffusione..
Asmund oltre che fabbricante di bambole e di libri per bambini era anche un esperto anche in ambito pubblicitario (aveva studiato quelli che allora erano i primi rudimenti di marketing a Copenaghen) e la prima cosa che pensò per poter spingere commercialmente il manichino era quello di dargli un nome per innalzarne la valenza realistica; fu così che scelse Anne: “i nomi hanno un potere, come gli incantesimi”. Il cognome non poteva essere altro che Resusci (ovvero la sua funzione: riportare in vita chi tecnicamente, a cuore fermo e senza respiro, poteva ormai considerarsi morto).
A tutto questo però mancava un volto. Anzi oltre al volto mancava una storia legata ad un particolare volto che avrebbe contribuito a rendere immediatamente famosa Resusci Anne anche presso il grande pubblico. E’ quella che i pubblicitari chiamano la tecnica della narrazione che facilita la comprensione trasmettendo immediati significati nei quali riconoscersi. Fu allora che Laerdal si ricordò della maschera appesa al muro nella casa dei nonni, un calco molto famoso al tempo e decise di farne il volto della sua nuova creatura.
Asmund aveva trovato il suo volto ideale in quello di una giovane donna annegata nella Senna alla fine del XIX secolo quando i cadaveri anonimi venivano esposti per un certo periodo di tempo per il riconoscimento. La “sconosciuta della Senna”, così venne chiamata successivamente, non fu mai identificata ma il suo volto così angelico e dalle fattezze così dolci fu oggetto di un calco mortuario commercializzato in migliaia di copie a mo’ di souvenir. La maschera in realtà era stata realizzata per catturare la bellezza della donna prima del progressivo decadimento del corpo nella speranza di poter identificare anche successivamente chi fosse quella donna annegata. Le leggende si rincorsero, a Parigi non si parlava d’altro e furono numerosissimi i francesi che andarono ad ammirare i lineamenti del cadavere esposto all’obitorio che tra l’altro non presentava alcun segno di violenza e corruzione. Si parlò di suicidio, di una fuga da un corteggiatore così come del riconoscimento da parte di una sorella gemella; quanto ci fosse di vero non è dato sapere. I giornali del tempo ne parlarono per giorni e giorni mitizzando la bellezza di quel volto arrivando a chiamarla “la Gioconda del suicidio” (Albert Camus descrisse il suo misterioso sorriso paragonandolo a quello della Monna Lisa). La maschera mortuaria rimase esposta e replicata ad alimentare il mistero restando incredibilmente nota fino agli anni trenta ed ispirando artisti, musicisti e scrittori, come una pop star di oggi.
Asmund aveva trovato il giusto volto per il suo manichino. Sapeva perfettamente che il manichino non poteva essere altro che la rappresentazione di una donna; a quei tempi un uomo avrebbe esitato ad allenarsi su di manichino con le fattezze di un altro uomo.
Oggi il training in assenza di cadaveri per simulazioni di biopsie, endoscopia e chirurgia robotica è pratica corrente ma tutto è iniziato con Resusci Anne, grazie alla quale si sono salvate milioni di vite.
Si merita Resusci Anne i versi più dolci di Catullo.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.
E quando poi saranno mille e mille
nasconderemo il loro vero numero,
che non getti il malocchio l’invidioso
per un numero di baci così alto.