La strategia del desiderio
Che tu ci creda o no, stai sicuro, c’è un modo solo, solo uno, per definire nei minimi particolari un nuovo concetto di prodotto e, se hai la pazienza di leggere quanto scrivo sul concepimento dell’iconica bambola BARBIE e la metodologia di lavoro impiegata, tutto ti sarà chiaro.
Magari qualche lettore potrebbe obiettar che sto parlando di un processo per la messa a punto di un concetto di prodotto vecchio di 70 anni e che oggigiorno le capacità di elaborazione, le tecniche statistiche, magari supportate dall’intelligenza artificiale, rendono la ricerca qualitativa lenta, obsoleta e statisticamente inappropriata, se non inutilmente costosa.
Ecco vorrei affermare che costui si sbaglia, e si sbaglia di grosso.
Il numero dei post pubblicati su Facebook, ed i relativi like, è proporzionale alla banalità del contenuto (e inversamente proporzionale alla lunghezza necessaria per chiarire un pensiero).
Inutile meravigliarsi del degrado culturale quando i cassonetti della spazzatura traboccano di libri che, spirito del tempo, vengono vissuti come un ingombro nelle abitazioni.
Quindi oggi vi parlerò nuovamente di Ernest Dichter, personaggio che ogni figura aziendale impegnata nel marketing dovrebbe conoscere a fondo prima di auto-definirsi marketeer. https://www.freniricerchedimarketing.com/il-mio-incontro-con-ernest-dichter-il-padre-della-ricerca-motivazionale/
Dichter è semplicemente il padre della ricerca motivazionale e quando ti trovi ad adoperare il termine “focus group”, con tutto quello che ne consegue, tieni presente che suo è il merito di averlo coniato.
Dichter aveva avuto la fortuna e la possibilità di utilizzare per i suoi focus group lo specchio unidirezionale, anche noto come “specchio a due vie” inventato nel 1934 dall’ingegnere tedesco Alfred Politz.
https://www.freniricerchedimarketing.com/larma-atomica-delle-ricerche-di-marketing-il-focus-group/
Ma fu merito del teorico del comportamento Skinner a rendere popolare l’uso dello specchio unidirezionale nelle ricerche comportamentali e psicologiche utilizzando un ambiente di osservazione separato, chiamato “booth”, che permetteva agli osservatori di monitorare i partecipanti alla ricerca senza influenzarne il comportamento.
https://www.freniricerchedimarketing.com/skinner/
Fu proprio nella conduzione dei focus group (anche quelli per la creazione della Barbie) che Ernest Dichter utilizzò efficacemente lo specchio unidirezionale. In questo modo, Dichter e i suoi collaboratori potevano studiare le espressioni facciali, la postura e i gesti dei partecipanti proprio mentre discutevano e giocavano con i prototipi della Barbie e degli accessori correlati.
Le pionieristiche tecniche di Dichter hanno cambiato il modo in cui giganti come Chrysler, Procter & Gamble, Exxon, General Mills e DuPont vendevano prodotti ai consumatori.
Il suo consiglio ai prestigiosi clienti è stato essenzialmente quello di umanizzare il marchio per potersi connettere emotivamente con le persone, un consiglio di marketing indispensabile allora, oggi e senza dubbio domani.
Per i suoi clienti, Dichter era la mente diabolicamente intelligente dietro campagne pubblicitarie di grande successo. Per i suoi critici, era decisamente diabolico, diabolicamente manipolatore.
Dichter aveva capito prima di tutti che ogni prodotto ha un’immagine, così come un'<<anima>>, e viene acquistato non solo per lo scopo che serve, ma per i valori che sembra incarnare.
“I nostri beni sono estensioni della nostra personalità, una specie di specchio che riflette la nostra stessa immagine”.
Il messaggio di Dichter agli inserzionisti pubblicitari era: scopri la personalità di un prodotto e capirai come commercializzarlo.
Per promuovere il suo Institute for Motivational Research presso i più importanti imprenditori dell’epoca scriveva nel 1946 nei suoi dépliant: Le tue vendite sono influenzate da molti fattori: economici, sociali, persino internazionali. Ma alla fine, il successo dipende da come la mente del consumatore reagisce all’intera complessa personalità del tuo prodotto. Noi dell’Istituto per le Ricerche Motivazionali offriamo servizi professionali progettati per indagare scientificamente l’intera gamma e la profondità delle reazioni del consumatore e dell’acquirente industriale.
https://www.freniricerchedimarketing.com/notizie-fresche-dal-passato/
Tra i suoi successi più famosi citiamo lo slogan ”Metti un tigre nel motore”, (utilizzato ancora oggigiorno) per promuovere i carburanti della Exxon (Esso in Italia).
Ma è anche interessante la ricerca realizzata per la Columbia Records negli anni ’50 che ha trasformato totalmente il marketing nell’ambito musicale.
La Columbia Records voleva trovare il modo di aumentare le vendite di dischi.
Dichter condusse una ricerca che rivelò che la musica aveva un forte impatto emotivo sulle persone, e che le persone spesso compravano dischi basandosi prevalentemente sull’immagine e sulla personalità dell’artista (così come avviene per gli attori cinematografici) piuttosto che sul singolo prodotto musicale.
Questa ricerca ha portato alla creazione di un nuovo sistema di marketing basato sulla promozione dell’artista e della sua immagine, che ha contribuito al successo, fra gli altri, di artisti come Elvis Presley e Barbra Streisand.
In generale, le ricerche di marketing motivazionale di Ernest Dichter hanno contribuito a creare prodotti di successo in diversi settori, a partire dal comparto alimentare, alla moda, all’industria automobilistica, alla musica e alla farmaceutica.
Quello che adesso mi preme è (de)scrivere del caso Barbie visto dalla parte del ricercatore il quale non mancherà di notare alcune informazioni inedite a riguardo.
Dichter condusse in prima persona i focus group e le interviste personali che hanno portato alla produzione della bambola Barbie, scoprendo che “quello che le ragazze volevano era una bambola dall’aspetto sexy, un modello a cui volevano assomigliare da grandi. Gambe lunghe, seno grande, glamour.”
Il contesto.
Negli anni ’50, in generale, i giocattoli per bambini nell’epoca in cui la Barbie fu introdotta sul mercato, erano spesso associati a ruoli stereotipati di genere.
I giocattoli per i ragazzi, ad esempio, erano spesso incentrati su temi di guerra, combattimento e supereroi. I giocattoli per le bambine erano principalmente bambole, giochi di cucina e di cura dei bambini e giochi domestici.
Le bambole più popolari dell’epoca rappresentavano principalmente ragazze, non donne adulte come la Barbie. Oltre alle bambole, c’erano anche giochi per la cura dei bambini, come le bamboline e le culle per neonati.
Inoltre, c’erano giochi domestici, come set di mobili per case delle bambole, set di posate e stoviglie, e set di pulizia della casa.
In generale, i giochi per bambine dell’epoca erano incentrati sul ruolo delle donne nella casa e nella cura dei bambini, mentre la Barbie, come vedremo, rappresentava il modello di una donna indipendente e in grado di svolgere diverse professioni.
In verità c’erano anche giocattoli non stereotipati dal punto di vista del genere che erano popolari sia tra i ragazzi che tra le ragazze, come i mattoncini Lego, i trenini e i modelli di auto.
La costruzione della Barbie
La ricerca sulla Barbie fu condotta da Dichter in prima persona in modo sistematico e approfondito coinvolgendo diversi strumenti e metodologie.
Dichter utilizzò principalmente i focus group per raccogliere informazioni sulle preferenze delle bambine riguardo alla bambola, svolgendo sessioni di ascolto con gruppi di ragazze di diverse età.
Inoltre, furono condotte interviste a bambine e adulti, e furono effettuate analisi di mercato per valutare le tendenze del settore e le opportunità di vendita per la nuova bambola.
Nonostante il coinvolgimento personale di Dichter nella creazione della Barbie, la bambola non fu il risultato esclusivo delle sue ricerche. La Mattel era già un’azienda leader nel settore dei giocattoli e aveva una solida esperienza nella produzione di bambole e altri giocattoli.
La collaborazione tra Dichter e la Mattel fu comunque importante per migliorare e affinare il concetto della Barbie che nelle prime presentazioni ai buyer dei grandi magazzini (prima dell’intervento di Dichter) non aveva riscosso alcuna approvazione.
I buyer erano sicuri che le mamme non avrebbero approvato una bambola adulta con un seno decisamente pronunciato per le loro bambine.
D’altronde la stessa Mattel si era già rivolta all’agenzia di ricerca di mercato Gallup nel 1956, quando la Barbie era ancora in fase di sviluppo, ottenendo una risposta negativa.
Il sondaggio quantitativo condotto dalla Gallup aveva come obiettivo principale valutare l’interesse degli acquirenti nei confronti di questo nuovo concetto di bambola.
Una delle domande chiedeva specificamente ai genitori se avrebbero comprato una bambola per le loro figlie con “seni sviluppati”.
La maggioranza dei genitori aveva risposto negativamente, esprimendo preoccupazione per il fatto che una bambola con i seni accentuati potesse avere un effetto negativo sullo sviluppo psicologico delle figlie.
La risposta all’indagine quantitativa che indicava un flop del concetto era solo la reazione istintiva di un mercato adulto conservatore, niente a che fare con ciò che accadeva nelle menti delle ragazze.
Questione di metodo
Il target da intervistare, come era chiaro a Dichter quando si incontrò con i vertici della Mattel, avrebbero dovuto essere le giovani ragazze ed il metodo d’indagine squisitamente qualitativo.
A questo punto la Mattel decise di dare l’incarico a Dichter, definito dalla stampa dell’epoca, il persuasore occulto per eccellenza.
https://www.freniricerchedimarketing.com/la-pubblicita-subliminale/
Ernest Dichter lavorò a stretto contatto con la Mattel per la creazione del concetto della Barbie. In particolare, la direttrice creativa della Mattel all’epoca, Ruth Handler, fu una figura chiave nella creazione del personaggio di Barbie, una figura adulta e alla moda. Insieme a Handler Dichter aiutò la Mattel a sviluppare non solo il concetto della Barbie anche nei suoi tratti fisici, ma anche il suo guardaroba e la sua personalità.
Per inciso Handler chiamò la bambola “Barbie” in onore della figlia Barbara.
Per condurre la ricerca sulla Barbie Dichter intervistò con varie tecniche 191 ragazze ( tra i 7 e i 12 anni,) e 45 madri. Come si vede si tratta di numeri apparentemente piccoli ma, nella conduzione di una motivazionale, una numerosità di assoluto rilievo.
Inutile dire che le madri anche nelle sessioni qualitative avevano rifiutato una bambola con il corpo di una donna, ma le ragazze l’avevano adorata. “ Barbie è proprio quello che vorrei essere da grande.”
Proprio per aggirare il rifiuto delle madri Dichter intervistò in profondità anche questo target per comprendere le loro aspirazioni riguardo ai giocattoli delle figlie. In questo modo, Dichter riuscì a creare un concetto di bambola che soddisfaceva le aspettative sia delle ragazze che delle loro madri.
Alcuni dettagli sul metodo
Dichter utilizzò una combinazione di metodi di ricerca, tra cui interviste individuali, focus group e analisi di proiezioni grafiche, per capire i desideri e le motivazioni delle bambine riguardo ai giochi con le bambole.
Dichter scoprì già dopo le prime interviste che le bambine volevano una bambola che potesse essere proiettata in una varietà di ruoli e situazioni immaginarie, dalle ballerine alle donne d’affari. Inoltre, le bambine volevano anche una bambola che fosse ben vestita e moderna, ma che non avesse un’età specifica, in modo da poterla utilizzare in diverse fasce d’età.
Le analisi dei sogni e fantasie delle ragazze utilizzate da Dichter per la creazione della Barbie consistevano nell’indagare i desideri, le aspirazioni e le immagini ideali delle ragazze tramite una serie di domande aperte e tecniche proiettive.
Ad esempio, Dichter chiedeva alle ragazze di raccontare un sogno che avevano avuto di recente e di descrivere i dettagli del sogno, in modo da ottenere informazioni sui desideri e sulle aspirazioni che il sogno poteva rappresentare.
Interessante fu l’impiego del test della “camera dei sogni”, in cui le ragazze venivano invitate a immaginare di avere una camera da letto ideale e di descriverne i mobili, gli oggetti e i dettagli della stanza desiderata.
Successivamente, veniva chiesto loro di raccontare le storie di ciò che avveniva in quella stanza e di spiegare il significato di ciò che avevano tratteggiato.
Il test proiettivo della “camera dei sogni” (Dream Room Test) consentì a Dichter di cogliere i desideri e le aspirazioni più profonde delle ragazze, compresi quelli relativi al loro aspetto fisico, al loro stile di vita, ai loro interessi e ai loro valori. Tutte informazioni poi utilizzate per la messa a punto della Barbie, per garantire che rispondesse alle esigenze e alle fantasie delle ragazze dell’epoca.
Oltre al “test della camera dei sogni”, Ernest Dichter utilizzò anche altri test psicologici per la sua ricerca motivazionale, tra cui:
Test di associazione di parole: in questo test, ai partecipanti venivano presentate parole o immagini e i partecipanti dovevano rispondere con la prima parola o immagine che veniva loro in mente.
Test di completamento di frasi: in questo test, ai partecipanti venivano presentate delle frasi incompiute e i partecipanti dovevano completarle con la prima cosa che veniva loro in mente.
Test proiettivi: in questo test, ai partecipanti venivano presentati dei disegni o delle immagini e i partecipanti dovevano proiettare le proprie emozioni, pensieri o desideri su questi oggetti.
Test di completamento delle frasi: un test in cui ai partecipanti venivano forniti degli inizi di frasi e chiesto di completarle. Ad esempio, “La Barbie mi fa sentire…” o “Se avessi una Barbie farei…”. Questo test aiutava a rivelare i desideri e le emozioni delle persone nei confronti della Barbie.
Il “Picture Sort”: un test in cui ai partecipanti venivano mostrate diverse immagini e chiesto di selezionare quelle che rappresentavano meglio la Barbie. Questo test aiutava a capire meglio l’immagine che le persone avevano della Barbie e quali fossero i suoi tratti distintivi.
Dichter chiedeva in definitiva alle intervistate di immaginare se stesse nel futuro e di descrivere la loro vita ideale, incluso il loro lavoro, la loro famiglia e il loro stile di vita.
I “test di preferenza” e quelli “test di usabilità”
Andando sempre più nel concreto nelle interviste individuali furono impiegate altre tecniche come l’osservazione del comportamento dei 2 target (madri e figlie) in situazioni reali di acquisto di giocattoli per identificare i fattori che influenzavano sul campo le loro scelte.
Con il “test di preferenza” Dichter, utilizzando diverse versioni della futura Barbie, poté determinare quale fosse la versione più attraente per le ragazzine in termini d caratteristiche fisiche e di design della bambola e usarle per creare la versione definitiva della Barbie, come ad esempio il colore dei capelli, la forma degli occhi o i vestiti indossati.
Per quanto riguarda i “test di usabilità”, Dichter chiedeva, ai partecipanti di giocare con il prototipo della bambola mentre altri ricercatori dietro lo specchio osservano e registrano le loro interazioni e le difficoltà incontrate. L’obiettivo era di identificare i problemi di usabilità e di migliorare la bambola per rendere l’esperienza di gioco delle bambine più facile e soddisfacente.
Nella ricerca non poteva mancare, per renderlo un sicuro successo commerciale, il packaging test della confezione della Barbie.
Il test fu condotto in collaborazione con Bill Schlackman (assistente di Dichter, ricercatore qualitativo e copywriter) che collaborava per l’agenzia pubblicitaria Dichter & Associates.
Il contributo di Schlackman alla creazione della Barbie e al suo successo commerciale è stato significativo, anche se spesso meno conosciuto rispetto a quello di Dichter.
Schlackman si concentrò sullo sviluppo del packaging della Barbie, ovvero la scelta del colore della scatola e del layout, che dovevano rappresentare al meglio la personalità e lo stile della bambola.
Il packaging della Barbie presentava diverse caratteristiche che lo resero altamente impattante.
In primo luogo, la scelta del colore rosa acceso, che si distingueva nettamente sugli scaffali dei negozi e che associava la bambola a un mondo femminile intriso di glamour.
In secondo luogo, il design della confezione, che presentava la bambola al centro, con accessori e abiti adatti a diverse occasioni sulla parte inferiore della scatola, così da suggerire alle bambine l’idea di una collezione che andava ampliandosi.
Inoltre, il packaging includeva una finestrella trasparente (inesistente all’epoca quando tutti giochi erano in scatole chiuse) attraverso cui era possibile vedere la bambola, in modo da suscitare l’interesse delle bambine e consentire loro di immaginarsi già dallo scaffale come sarebbe stato giocare con la Barbie.
Infine, il nome della bambola, stampato in modo prominente sulla scatola, che sarebbe diventato un marchio decisamente riconoscibile, contribuendo a creare l’immagine di una bambola di alta qualità e di prestigio.
Ok, tutto questo per influenzare le scelte delle ragazze nella scelta della bambola. E, per quanto riguarda le madri che erano contrarie al concetto di una bambola dai seni accentuati e dalla vita stretta?
Dichter suggerì di realizzare una comunicazione per convincere le mamme che la bambola avrebbe aiutato le loro figlie a vestirsi meglio e ad avere un riferimento positivo come ragazza attraente impegnata nello sport e negli studi allo stesso tempo.
Seguendo queste linee, la prima pubblicità di Barbie debuttò in televisione, mostrandola come una ragazza sana che sapeva nuotare, giocare a tennis, fare festa e godersi bei vestiti. L’agenzia pubblicitaria incaricò la pop star Connie Francis di cantare il jingle: “Un giorno sarò come te / E poi saprò cosa farò / Barbie, bella Barbie, farò finta di essere te.”
La Barbie fu lanciata il 9 marzo 1959 dalla Mattel, durante la Fiera del giocattolo di New York al prezzo di 3 dollari USA (equivalenti a circa 26 dollari odierni). Fu presentata come “una bambola teenager di moda” con una vasta gamma di abiti e accessori.
La prima Barbie era vestita con un costume da bagno a righe bianche e nere e con gli occhiali da sole. Nel solo 1959 le vendite della Barbie ammontarono 350.000 unità.
Oggi Barbie è la bambola di maggior successo della storia umana: le vendite globali ammontano a 100 bambole al minuto (58 milioni di unità all’anno).
Nel 1960, appena un anno dopo la creazione di Barbie, la Mattel fu quotata alla Borsa di New York.
Alla fine degli anni 60 un sondaggio indicò che il 93% delle ragazze conosceva il nome Barbie.
Nel 1961 Mattel lanciò la “Barbie boyfriend”, Ken (dal nome del figlio minore di Ruth), anche lui con la sua linea di abbigliamento e accessori.
Ken fu creato per rappresentare un compagno romantico per Barbie e per fornire un altro personaggio con cui le bambine potessero giocare e creare storie familiari più complesse.
La Barbie divenne subito un grande successo di vendite e rappresenta una delle icone culturali più famose del XX secolo, influenzando la moda, la cultura pop e la percezione delle donne nel mondo.
Quindi?
La prossima volta che hai necessità di una ricerca di marketing per definire un nuovo concetto di prodotto, se la profondità dell’esplorazione psicologica non ti imbarazza, prendi in considerazione una ricerca qualitativa, non te ne pentirai.
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Grazie