Da oggi, settembre 2016, è ufficiale: uccidere il 99,9% dei batteri è estremamente pericoloso, sia perché vengono creati dei batteri super-resistenti sia perché nella disinfezione vengono uccisi anche quei batteri benefici che aiutano a costruire una resistenza naturale a quelli dannosi. La FDA (Food and Drug Administration) ha dato 1 anno di tempo per eliminare dai saponi 19 sostanze chimiche ad effetto antibatterico.
Il motivo? Aumentano il rischio di infezioni, possono causare alterazioni negli ormoni tiroidei e sono rischiosi per lo sviluppo sessuale dei giovani.
Uno studio scientifico, tra gli innumerevoli che sono stati effettuati, ha di(mostrato) che la salmonella diventa super-resistente dopo un’esposizione prolungata ai saponi disinfettanti.
Altri studi vengono condotti sui rischi di un utilizzo prolungato di questi saponi e gel disinfettanti (fino a 100 dosi giornaliere) da parte del personale ospedaliero.
Ma non solo. Il mercato è infatti cresciuto enormemente interessando, dopo gli ospedali e gli ambulatori, le strutture pubbliche (scuole ed asili) e gli uffici, e infine il consumatore finale.
La pubblicità facendo leva sul senso di protezione e preoccupazione delle neomamme si è targettizzata sui bambini che camminano a quattro zampe e gli animali da compagnia, il gruppo più vulnerabile della popolazione che vive a contatto con il pavimento.
Fino alla metà del XIX secolo, la maggior parte delle persone non aveva consapevolezza dell’importanza dell’igiene personale. La stanza da bagno era solo un privilegio delle classi più abbienti. L’abitudine a lavarsi con il sapone e avere attenzione alla propria igiene personale si impose solo a metà degli anni 50 quando vennero commercializzate le saponette che inizialmente erano soltanto dei cubetti di sapone non confezionati, ritagliati da blocchi di sapone industriale. Successivamente queste saponette vennero “incartate” proponendosi pubblicitariamente come mezzo per garantire non tanto l’igiene quanto piuttosto la cura della persona conferendo all’epidermide odore di pulito. Il riferimento alla sessualità e all’aumentata capacità di attrazione del partner saranno i passi successivi della réclame che hanno fatto la fortuna delle multinazionali del pulito.
Il marketing ha sfruttato appieno la psicopatologia della pulizia e la rimozione dell’odore corporeo a tutti i costi arrivando, è storia odierna, a proporre prodotti antisettici che sterminano le cariche batteriche, buone o cattive che siano.
Da oggi in poi, vista la presa di posizione della FDA, il Dipartimento Marketing delle imprese impegnate nel toiletry si dovrebbe occupare di riposizionare la propria offerta, prima che lo facciano i concorrenti, in un ambito più naturale e rispettoso della cute e dell’ambiente, compresi i batteri buoni.