Nel mondo si producono quasi 100 milioni di automobili all’anno (96 milioni, 28%, nella sola Cina, dato ANFIA 2018). Gli automobili (al maschile, come venivano chiamati alla loro nascita) rappresentano una delle più grandi industrie al mondo che vede in competizione le grandi corporation del settore, collegate a loro volta a doppio filo all’industria del petrolio.
Naturalmente c’è sempre un primo, anzi, una prima industria che ha generato il mercato. In questo caso è stata la Ford, che nei primi anni del ‘900, con 15 milioni del modello Ford T, copriva il 50% della produzione mondiale dell’auto. Tanto per ricordare, la T era quell’automobile di cui parlava Ford quando diceva: “la possono comprare di qualsiasi colore, basta che sia nera” ,quasi a sottolineare che le sue auto erano rigorosamente prodotte in serie, e sempre nere.
Vediamo come è iniziata l’avventura della carrozza-automobile, partendo dalla materia che ha reso possibile la sua nascita e l’evoluzione del trasporto stradale: il caucciù.
Sì, il mondo delle automobili (stavolta al femminile, come stabilito da D’Annunzio) deve molto, anzi deve tutto, al lattice dell’albero che piange: l’Hevea Brasilensis.
Questa pianta era ben conosciuta dagli indios che la utilizzavano da sempre per impermeabilizzare le canoe, congiungere le parti dei contenitori delle frecce al curaro, fabbricare scarpe impermeabili e per realizzare dei clisteri a forma di pera pieni di droghe allucinogene da sparare nel naso e nell’apertura anale nei rituali magici.
I piccoli indios usano tutt’oggi questo chimerico materiale per modellare dei piccoli oggetti con cui giocare.
I colonizzatori scoprono il caucciù
“Nella provincia di Esmeralda”, scriveva Charles-Marie de La Condamine, primo scienziato a incontrare l’Hevea, “cresce un albero che da una sola incisione ne cola un liquido candido come il latte, che a poco a poco s’indurisce e si scurisce a contatto con l’aria. Gli indios chiamano la resina che se ne ricava cahutchu, che si pronuncia caucciù, e significa nella loro lingua l’albero-che-piange.”.
La scoperta delle tecniche di sfruttamento del caucciù è interamente dovuta agli indios, così come tante altre piante e radici con proprietà medicamentose.
Il successo dell’industria del caucciù avrebbe significato e accelerato la distruzione della società e delle cultura indigena, deportata, massacrata e schiavizzata per l’interesse e la fortuna dei colonizzatori.
La parola borracha, così viene chiamata in portoghese la gomma, ha avuto origine da una delle prime applicazioni utili di questo prodotto quando veniva utilizzato per fabbricare delle specie di bottiglie, in sostituzione delle cosiddette borracce di cuoio usate per trasportare i vini.
Tutto nacque da un gioco
Colombo scoprì la gomma quando vide gli indios giocare con delle palle fatte con questo strano materiale elastico. Ci vollero due secoli per trovare un’applicazione industriale della gomma: la gomma per cancellare i segni lasciati dalla matita: the indian rubber, dall’inglese to rub, strofinare.
Inizialmente il caucciù era quindi adoperato solo come gomma da cancellare, ma viste le sue inconsuete proprietà fisiche si cominciò a intuire che si era di fronte ad un nuovo materiale con le più diverse applicazioni.
Passò comunque un ulteriore secolo per trovare una ulteriore realizzazione industriale come i tessuti gommati antipioggia e gli stivali di gomma, che altro non erano che delle simil-scarpe utilizzate dai nativi indios.
Manaus, per ricordare dove viveva la tribù Manáos (Madre degli Dei)
Proprio intorno alla città di Manaus, che rappresentava il centro della produzione del caucciù, sorsero varie aree in cui particolarmente intensa era l’attività dei seringueiros, un’enorme forza lavoro (stimata in 300mila semi-schiavi) che al tempo estraeva dalle piante la totalità del caucciù mondiale.
Ormai nella corsa all’industrializzazione non si poteva fare a meno di questo nuovo materiale e su Manaus piovve letteralmente oro proveniente da tutte le parti del mondo. D’altronde questo era l’unico porto fluviale che poteva accogliere navi di grande stazza per tutto il periodo dell’anno, grazie ad una banchina mobile fluttuante, realizzata dagli inglesi, che si adatta ai diversi livelli dell’acqua della foresta pluviale.
Nel 1839 Goodyear (quello che poi diventerà uno dei leader nel settore degli pneumatici) trovò casualmente il modo di rendere elastica questa materia plastica attraverso il processo di vulcanizzazione (trattamento termico con zolfo).Goodyear scrisse: “… la qualità più notevole di questa gomma (lattice) è la sua elasticità. Allungato può raggiungere una lunghezza pari a otto volte la sua lunghezza normale senza rompersi per poi tornare alla sua forma originaria… non c’è altra sostanza al mondo che susciti la stessa quantità di curiosità, sorpresa e ammirazione ”.
La febbre del caucciù
Così si scatenò, parafrasando la frase “la febbre dell’oro”, “la febbre del caucciù”. Partendo da questa scoperta, ormai, invenzione, Dunlop creò la camera d’aria con valvola e la applicò con successo alle prime biciclette (che vittoriose in tutte le gare accrebbero l’interesse verso questa applicazione). Il passo successivo verso gli pneumatici fu breve. Furono i fratelli Michelin a creare la più grossa azienda dell’epoca nella costruzione degli pneumatici.
Già queste premesse permettono di capire quanto poteva essere importante il possesso e la gestione strategica di questo nuovo materiale che, a caduta, trovava sempre nuove applicazioni industriali..
Manaus iluminada pela borracha
Lo sviluppo spettacolare della produzione di automobili generò una enorme domanda di caucciù dell’ Amazzonia. Manaus, la cosiddetta Parigi dei Tropici sarà la seconda città brasiliana ad installare l’illuminazione elettrica) diventando il centro del mondo, sicuramente al tempo la città più ricca al mondo. Si veda in proposito il film di Herzog “Fitzcarraldo”, con Klaus Kinski, che attraversa l’Amazzonia per raggiungere Manaus dove si terrà il concerto di apertura nel grandioso Teatro dell’Opera con la voce di Caruso
Nel centro della foresta amazzonica più impenetrabile, la città fluviale cresce a dismisura, richiamando speculatori, prostitute, lavoratori, imprenditori … da tutto il mondo. Tanto per farsi un’idea della ricchezza prodotta, gli abiti venivano inviati per essere lavati in Portogallo, che a sua volta, oltre a restituire gli abiti puliti e stirati, riforniva la città di ogni ben di Dio. Ricchi, ma ricchi da far paura gli affaristi di Manaus perché unici al mondo a possedere “la fata elastica”, la gomma magica dalle infinite applicazioni, dai pneumatici dell’automobile a quello ospedaliero.
O colapso da economia da borracha
Ma, c’è sempre un “Ma” in questo tipo di storie … nel 1875 il piantatore inglese Henry Wickman, al servizio dell’Impero Britannico, raccoglie i semi dall’albero della gomma nella valle del fiume Tapajós e li invia al Giardino Botanico di Londra per farli germogliare. Successivamente le piante vengono trasportate nelle colonie inglesi in Asia.
In pochi anni gli effetti si fecero sentire. A partire dal 1900 il prezzo del caucciù crolla a causa dell’aumentata produzione malese. Lo scenario cambia repentinamente.
Manaus, perso il monopolio, diventa una città quasi fantasma, la povertà si diffonde e le centinaia di migliaia di siringheiros sono costretti a spostarsi nelle città degli altri stati brasiliani. Da allora si innesca una crisi travolgente, che sconvolgerà l’intera regione Amazzonica. Cominciano le bancarotte, nel migliore dei casi si vende in perdita, e le ricchezze cumulate crollano come castelli di carte. L’Opera chiude così come i negozi di lusso. Funziona solo, senza interruzione, la sala d’aste, dove si svendono gioielli e oggetti d’arte… Le navi in partenza per l’Europa sono sempre al completo e si richiedono mesi d’anticipo per prenotare la fuga.
A questo punto erano gli inglesi ad avere il controllo della produzione di caucciù, anche se, in verità, gli americani provarono a loro volta a piantare i semi dell’havea in altre aree del globo.
Il danno maggiore infatti gli americani (Ford innanzitutto) lo subirono nella produzione delle automobili, che in larga parte, a partire dagli pneumatici, necessitavano di questa indispensabile materia prima.
L’utopica Fordlandia
Ford, il ricco dei ricchi dell’epoca, comunque non si da per vinto e per essere autonomo dall’approvvigionamento, acquista una grande area in Brasile creando nella foresta pluviale una sua città: Fordlandia.
Nonostante gli investimenti necessari, sia per la produzione del caucciù che per la creazione degli alloggi dei lavoratori, l’affare non andò a buon fine. Da un lato il terreno non era adatto alla crescita della pianta, dall’altro si presentò un fungo che praticamente uccise la gran parte delle piante che erano state piantumate, per una alta resa della produzione, troppo vicine l’un l’altra.
Ford non si dette per vinto, iniziò la produzione in un nuovo territorio ma anche lì il fungo si diffuse.
Ford voleva a tutti i costi portare avanti un’operazione, di cui era fermamente convinto, che era nel contempo industriale (per disporre in loco della materia prima) e sociale.
Non si limitò infatti a costruire una fabbrica ma volle importare il modello di vita americano nella foresta più impenetrabile. La città disponeva di tutti i servizi di una città americana compresi scuola e ospedale ma imponeva un modello di vita totalmente estraneo alla cultura locale.
Alimentazione vegetariana, preghiere, lezioni di canto rigorosamente in inglese, ingresso vietato agli ebrei, ma soprattutto, e questo provocò rivolte, mal sedate, assenza di prostitute e divieto di bere alcol.
Arriviamo nel periodo della II guerra mondiale, quando i giapponesi controllano praticamente quasi tutta la riserva mondiale del caucciù, sempre più strategico e utilizzato anche per gli armamenti bellici> aerei, carri armati, abbigliamento militare, etc…
La necessità spinse a cercare delle fonti alternative tentando la via della gomma sintetica che ancora oggi non ha caratteristiche eguagliabili a quella del latex. Comunque la creazione della gomma sintetica darà il colpo di grazia all’industria del caucciù.
Ford fu costretto a rivendere la terra allo stato amazzonico.
Oggigiorno Fordlandia, tempio dell’archeologia industriale, in cui si riconoscono i ruderi degli alloggi dei lavoratori disegnati come villette del Midwest americano, può essere visitata, in silenzio e con rispetto, così come si visita una città fantasma, dove troviamo i segni del passato e delle occasioni perse.
10 milioni di persone uccise nell’ “impero delle mani tagliate”, il Congo
Se sei arrivato a leggere fin qui vorrei dirti che la storia della gomma non finisce qui, anzi necessiterebbe di una seconda parte, molto più tragica, quella che ci nascondono a scuola, l’impero della gomma in Congo ad opera di Re Leopoldo II del Belgio che si atteggiava, incredibile a dirsi, a filantropo. “Ogni villaggio doveva consegnare agli emissari del re-filantropo una certa quota del prezioso prodotto vegetale: chi si rifiutava, o consegnava quantità minori di quelle richieste, era punito duramente, fino alla mutilazione: gli veniva tagliata una mano o un piede; alle donne, le mammelle” .
Era il metodo del terrore, tanto efficace quanto diabolico (leggi il nostro articolo:L’impero di Caucciù: il Congo).