Mi ero ripromesso di proseguire la narrazione dell’importanza della gomma nella crescita dell’industria automobilistica, e non solo, e tutto quello che aveva comportato in termini di costi umani e sociali. Avevo concluso il precedente articolo sull’invenzione della gomma, accennando alla gestione dell’”impero delle mani tagliate” del re Leopoldo II del Belgio.
Il taglio della mano o del piede rappresentava ”la spinta” per aumentare la produttività degli schiavi impegnati nella produzione della gomma in Congo per anticipare l’arrivo della produzione di gomma che gli inglesi avevano avviato in Malesia.
Dall’età della pietra a quella del coltan
Sinceramente ci vuole stomaco a leggere e a scrivere le atrocità scatenate nei secoli dall’avidità del possesso delle materie prime comprese quelle che hanno segnato l’evoluzione del genere umano, la pietra, il bronzo, il ferro e l’oro per arrivare poi al carbone, al petrolio, al nucleare.
Il monopolio del sale, del pepe, della cannella, dei fiori di garofano, della noce moscata diedero infatti vita a guerre prolungate, massacri e schiavitù.
Solo per parlare di quest’ultima spezia, gli olandesi pur di mantenere il monopolio della noce moscata (al tempo si riteneva che servisse anche da protezione contro la peste) cedettero il possesso di Nuova Amsterdam agli inglesi (l’isola di Manhattan che poi diventerà New York) in cambio dell’isola di Run, ultima e sola isola dove si concentrava la presenza degli alberi della noce moscata.
Tutte le altre isole erano state infatti messe a ferro e fuoco dagli olandesi, che nella loro lunga storia di spietata colonizzazione, avevano massacrato la totalità degli abitanti e abbattuto tutte le piante della noce moscata per evitare di consegnarle agli inglesi
Ma torniamo alla storia della gomma.
Il caucciù del Congo nasce insanguinato
Forse per un qualche oscuro desiderio di compensazione, la superstizione popolare associa volentieri alle ricchezze una qualche maledizione, collega ogni tesoro ad un’implacabile sciagura. Quello che fu chiamato l’oro rosso, il caucciù che in terra d’Africa fu descritto con una diversa colorazione a causa del sangue, effettivamente precipitò la sventura, nella forma della furia delle forze dei mercati globali, sulle remote ed ignare popolazioni africane.
Leopoldo, re del Belgio, pensava che anche il suo paese avrebbe dovuto disporre, come la Francia e la Gran Bretagna, di un impero coloniale. Dopo diversi progetti, come l’acquisto delle Filippine, che non si concretizzarono, il suo interesse si rivolse all’Africa.
Per accreditarsi come filantropo istituì persino un’associazione benefica per l’abolizione dei “costumi selvaggi” tramite il lavoro (da intendersi, va da se, come obbligatorio e gratuito). Queste, ed ulteriori iniziative, fecero sì che nel 1885 alla conferenza di Berlino le potenze coloniali europee riconoscessero l’intero bacino idrografico del fiume Congo, in vista dell’emancipazione e civilizzazione delle popolazioni autoctone tramite il lavoro, come esclusiva proprietà personale del re del Belgio: nacque così lo Stato Libero del Congo.
Dall’avorio al caucciù, il nuovo business
Leopoldo inizialmente impegnò la forza lavoro nativa, di cui ormai disponeva, nella raccolta dell’avorio; ne abbiamo una memorabile rappresentazione nel racconto “Cuore di Tenebra” di Josef Conrad, il quale, nella sua precedente incarnazione come ufficiale della Marina Commerciale, risalì il fiume Congo al comando di un battello fluviale per recuperare un missionario/cacciatore di avorio di cui si erano perdute le tracce. Da questo racconto, riambientato nella guerra del Vietnam, Coppola ha preso lo spunto per il film “Apocalypse Now”.
Ma la prosperità di Manaus suggerì a Leopoldo, che disponeva di un’enorme forza lavoro gratuita, di importare l’albero della gomma per coltivarlo nelle nuove piantagioni dello “Stato Libero del Congo”. Per somministrare alla manodopera africana gli stimoli necessari ad impegnarsi seriamente nello sforzo produttivo venne istituita una forza di polizia mercenaria che non lesinava nelle punizioni corporali.
Un re privo di qualsiasi morale
Cominciarono con il tempo a risalire in Europa notizie dell’enormità degli abusi inflitti alla manodopera, in particolare fece scandalo la pratica del taglio della mano destra agli operai svogliati o incompetenti (ma anche alle loro mogli e figli). Nel 1890, George Washington Williams ideò l’espressione, ripresa anche al processo di Norimberga, “crimini contro l’umanità” per descrivere le pratiche dell’amministrazione di Leopoldo II dello Stato Libero del Congo. «sovrano senza morale, che lega i prigionieri come buoi, con catene che gli si conficcano nella carne […] compra schiavi a tre lire l’uno […] e importa donne per fini immorali».
Si tratta in pratica della prima manifestazione delle campagne di indignazione su scala internazionale.
In termini di vite umane sacrificate si ipotizzano circa 10 milioni di morti.
Leopoldo contestò le cifre delle vittime proposte da una Commissione d’inchiesta internazionale ed istituì lui, per ristabilire la verità, una sua commissione (la quale comunque arrivò a conclusioni analoghe).
Solo calunnie
Spiritosamente Mark Twain pubblicò un Soliloquio di Re Leopoldo che denunciava l’attività calunniosa nei suoi confronti: “Solo calunnie – e di nuovo calunnie – ed ancora calunnie, e calunnie sopra calunnie! Ma anche se fossero vere, allora? Sarebbero lo stesso calunnie quando rivolte contro un re.”
Probabilmente Leopoldo pensava che all’ampiezza e alla diffusione della denuncia internazionale di crimini e massacri non fossero estranei gli interessi economici delle altre potenze coloniali, le cui aziende si sentivano emarginate dal fiorente business congolese.
Avorio e caucciù furono il combustibile della macchina dei lavori forzati e dello sterminio, umano ed animale. Se nel 1887 furono prodotte 30 tonnellate di gomma, nel 1903 ben 5.900; tra il 1884 e il 1904 furono esportate 445mila zanne di elefante il che comportava la morte di 222.500 pachidermi.
A giustificazione delle severità esercitate sugli operai, ed i loro familiari, si tenga presente che Leopoldo disponeva solo di qualche anno di vantaggio sulle piantagioni di caucciù inglesi in Malesia e si trovava quindi nella necessità commerciale di sfruttare fino in fondo il lasso di tempo di cui poteva disporre per recuperare le somme investite e d assicurarsi un adeguato ritorno economico.
Alla morte di Re Leopoldo fu lo stato belga che recuperò lo Stato Libero del Congo che ne divenne una colonia e poi dal 1960 uno stato indipendente.
L’inferno del coltan
La maledizione delle ricchezze del Congo da tempo non è più il caucciù, ma da decenni in quella parte del mondo è in atto una miriade di conflitti aventi per posta il controllo del coltan.
Il coltan? Forse non lo sai; in questo momento ne hai una certa quantità tra le mani.
Il coltan (columbite-tantalite) è una terra rara che viene utilizzata per la fabbricazione di telecamere, cellulari e molti altri apparecchi elettronici. L’80% delle riserve mondiali si trova in Congo e viene estratto da manodopera minorile controllata dalle milizie armate dei signori della Guerra.
Secondo l’ONU, infatti, sono 11 milioni i morti a causa di questo business: uomini, donne, bambini sfruttati dai signori della guerra che controllano i giacimenti e rivendono il coltan alle multinazionali.
Dopo i diamanti (ormai nelle gioiellerie si trovano in vendita i cosiddetti “diamanti etici , tracciati ma indistinguibili da quelli insanguinati) forse, le miniere di coltan saranno lo scenario di un ipotetico film dal titolo “blood coltan”. Il film-denuncia probabilmente renderà di dominio comune la notizia degli abusi commessi in nome del coltan e verranno certificati (già vengono commercializzati ma sono di supernicchia di mercato) gli smartphone etici “blood free”.
“La sete di ricchezza e l’avidità spinge gli umani alle azioni più efferate”, lamentava Virgilio, oggi però si preferisce piuttosto parlare di inevitabili circostanze economiche, di irrefrenabili forze di mercato, di domanda globale …
L’altra faccia della tecnologia di cui non si deve parlare.