A seguito del fallimento della Rifle di Barberino di Mugello, la stampa ha annunciato una grande supersvendita: 2 Euro per Jeans e capi denim nuovi di fabbrica!
Una notizia amara che si inserisce in un panorama desolante di pandemia e di crisi. Chiude la Rifle che è stata un’azienda molto importante nel panorama della jeanseria, che ha vestito due generazioni di giovani e che ha rappresentato il meglio del Made in Italy a livello globale.
Chiude l’azienda, questo il dato fattuale, ma rimane intatto il portato di valori del brand, resta sedimentato nella noosfera dei consumatori il linguaggio iconico altamente riconoscibile e attenzionale della grafica del logo, patrimonio immateriale che nessun fallimento potrà mai cancellare.
Il valore del brand permane anche dopo la chiusura della produzione, il marchio di un’azienda radicata nel territorio con una sua storia di rilievo, continua ad avere un valore sul mercato (la cosiddetta Brand Equity). Non si tratta di romanticismo nostalgico ma di valore monetizzabile. I marchi, a differenza delle aziende, non muoiono mai..
Quando leggiamo sui giornali che un’azienda passa di mano ad un’altra azienda, in realtà spesso non viene acquisita la parte manifatturiera; viene comprato solo il marchio ed il suo utilizzo. Come è stato affermato: “Una volta produrre era più difficile che progettare mentre oggi progettare è più difficile che produrre!” Ovvero, quando sei in possesso di un marchio “originale”, già posizionato nella mente del consumatore, con potenzialità di estensione di linea, sei, quasi, a cavallo.
Quasi, si, quasi, perché come dicono i testi sacri del marketing prima di tutto sarebbe indispensabile disporre di informazioni di mercato sia per quanto riguarda l’azienda (analisi SWOT) e la distribuzione che un’indagine per scoprire, valutare, organizzare e monitorare i fattori macroeconomici alla base dei risultati aziendali, specie in questo periodo di pandemia.
Chi non muore si rivede (magari trasformato, pronto a ripartire).