Qualche giorno fa mi sono rivisto in compagnia dei miei nipotini under 7 le storie di Peter Pan della Disney, che sembra siano state messe al bando in conseguenza degli stereotipi razziali giudicati inappropriati alla sensibilità attuale (la censura d’altronde ha colpito anche “Via col Vento” nonostante che il film sia valso l’Oscar all’attrice afroamericana Hattie McDanierl, la governante Mamy, per cui è stato rimosso dalle piattaforme streaming).
Per tornare ai Peter Pan, Neverland, l’isola che non c’è, in effetti, è realtà. Capiamoci, da circa 3000 anni esisteva una denominazione di un’ isola magica e paradisiaca anche se per molto tempo non era stata geograficamente scoperta la sua locazione. Sto parlando del Brasile anzi per essere precisi della mistica minuscola “isola Brazil”, scritta con la Z (che poi darà il nome all’attuale Brasile), indicata cartograficamente su varie mappe fin dal IX secolo al largo delle coste irlandesi.
Secondo una leggenda irlandese, l’isola era avvolta da una nebbia impenetrabile, che scompariva solo un giorno ogni sette anni, l’unica volta in cui l’isola diventava visibile. Brazil non era un’isola qualunque, Hy-Brazil (Hy significa isola) era un luogo mitologico, magico e sacro, considerato la dimora di esseri soprannaturali in perfetta felicità. L’isola era talmente reale che era anche luogo di pellegrinaggio. Si narra che, nel VI secolo, il monaco irlandese San Brendan mentre esplorava l’Oceano Atlantico arrivò con 14 monaci nell’ “Isola dei Beati” . Secondo la leggenda, l’isola verde e rigogliosa ospitava una straordinaria comunità di santi cristiani che avevano rinunciato al mondo materiale.
L’isola contava anche molti visitatori. I diari di bordo indicavano sbarchi e contatti con i generosi abitanti della fertile isola che riempivano i marinai di doni in natura e metalli preziosi. I marinai, ci dicono le cronache, si fermavano spesso sull’isola mistica e misteriosa per riposare e ringiovanire il corpo e la mente, alimentando la leggenda della sua esistenza. Questo era il paradiso incontaminato in terra. Pur essendo un luogo immaginario, l’isola rimase sulle mappe più antiche, per venire rimossa dalle carte nautiche britanniche solo a fine ottocento con l’avvertenza «Brasil Rocks, higly doubtful».
La storia di Hy Brazil precede quindi di molti secoli la scoperta del Brasile geografico al quale ha trasmesso il suo nome. Suggestivo quanto l’isola immaginaria abbia avuto un ruolo nel plasmare il modo in cui le persone pensavano al Sud America molto prima che questo fosse scoperto e diventasse realtà.
C’è qualcosa nel nome Brasile che sembra adattarsi perfettamente al Paese. Ora sapete da dove proviene questa denominazione, un’affascinante miscela di leggenda, storia e geografia. Ma da dove deriva questo nome? Sorprendentemente, non deriva dalla lingua portoghese come molti potrebbero pensare. In realtà, il nome Brasile deriva proprio dalla leggenda dell’isola immaginaria. L’isola (che successivamente si rivelò un continente) fu scoperta dall’esploratore portoghese Pedro Álvares Cabral nel 1500 approdato nell’attuale Porto Seguro (Bahia) denominato allora “isola di Vera Cruz”. Cabral vedendo questa terra abitata da popolazioni docili, piena di cascate, ricca di una vivace fauna selvatica, foreste lussureggianti e frutti mai visti non aveva alcun dubbio di essere arrivato alla meravigliosa Hy Brazil.
D’altronde, per la prima volta, è qui che ascolta il lungo magico canto del piccolo uccello Uirapuru, un canto caratterizzato da intervalli regolari simili alla successione di note, sempre diverse, di una scala musicale (le melodie create dall’Uirapuru e i suoni della foresta Amazzonica ispireranno i poemi sinfonici novecenteschi di Villa Lobos e Camargo Guarnieri).
Questa terra produceva del legname dal colore rosso vivo denominato pau-brasil (etimologicamente “rosso come la brace”) commerciato dai brasileiros (il significato faceva riferimento al lavoro di coloro che vendevano il pau-brasil piuttosto che all’intera popolazione).
Ed infatti sono stati fino ad oggi in molti a ritenere che la denominazione Brasil derivi da questo legno rosso fuoco usato così intensamente come colorante dall’industria tessile europea tanto da farne rischiare la sopravvivenza.
Lo storico Eduardo Bueno ci ha recentemente illuminato sulla vera origine della parola Brasil (che nei secoli perde la Z in favore della S) e, per quanto riguarda il marketing e lo storytelling per promuovere il fascino di questa nazione, assistiamo ad un salto di qualità, dall’associazione con il colore del legno al mito del paradiso terrestre,con tutto quello che ne consegue.
Questa diversa narrazione ci appartiene perché è parte integrante di quello che l’umanità è stata dall’inizio dei tempi quando la trasmissione orale delle storie da parte del cacique (il capo tribù) vicino al fuoco aveva l’incanto del mito ultraterreno.
Indipendentemente dalla leggenda di Hy Brazil questa terra è sempre stata nei secoli un luogo di mistero e meraviglia, aspetti che rendono il Brasile una “terra buona e generosa”, così speciale da essere stata confusa con il paradiso terrestre perché, come recita il samba, è una “Terra benedetta da Dio”.