Un modesto appunto sul rapporto tra committente e istituto di ricerca
Avviene che un committente invii un brief ad un’agenzia di ricerche di marketing, chiedendo un progetto di indagine.
Il ricercatore, così indicano i sacri testi, dovrebbe, prima di redigere un progetto di ricerca, “sporcarsi un po’ le mani” e andare già sul campo per un iniziale approccio alla tematica.
In questo modo si ha la possibilità di scegliere, a meno che questa non sia già stata imposta in base di brief, la metodologia, le aree di indagine ….
Succede che in questa prima fase esplorativa, il ricercatore si renda conto che il brief formulato dal cliente (anche se il PM possiede una profonda conoscenza del proprio prodotto, di dati quantitativi riguardo alle vendite, alla penetrazione, … anche nel confronto dei concorrenti) manca di informazioni fresche raccolte sul campo.
Si sa, il consumatore evolve e l’azienda deve necessariamente stare al passo raccogliendo opinioni, comportamenti e intenzioni, prima, durante e dopo.
È possibile ad esempio che il target ipotizzato, o la metodologia per la raccolta dati, non sia adeguata …
Pertanto il ricercatore si trova ad operare una scelta: è giusto far presente al committente che il brief dovrebbe essere modificato, con il rischio magari di irritare il PM suscettibile?
Oppure meglio formulare un preventivo completamente in linea con quanto richiesto, ma divergente dalla realtà fattuale che deve essere indagata? Il che però porterebbe ad una raccolta dati viziata fin dalle fondamenta.
Prendiamo ad esempio una gara, in cui il committente richiede a più istituti un preventivo.
Giocoforza il ricercatore si deve adeguare al brief per due semplici ragioni: la prima è perché rappresenterebbe – nel contesto di più offerte – una campana stonata, la seconda è perché, se il suo progetto non venisse accolto, avrebbe in pratica regalato al committente la SUA fase esplorativa, la quale consentirebbe una ritaratura dell’intero impianto di ricerca, affidato ad un concorrente.
Vi è comunque da considerare un ulteriore aspetto.
C’è una credenza piuttosto diffusa che mettere in gara più agenzie sia il miglior modo per individuare e selezionare quella cui affidare il progetto di ricerca.
In realtà tutto questo può essere fuorviante perché il ricercatore esita a presentare la metodologia considerata migliore, per timore che un progetto più articolato possa non essere compreso a fondo da chi nella valutazione e nella scelta finale va subito a leggere l’ultima pagina del progetto.
Ci sarebbero poi varie considerazioni di tipo etico da parte del committente che conseguono nel mettere in gara più agenzie (con tutto quello che comporta in termini di costi e tempi non remunerati), ma questo sarebbe un lungo discorso da affrontare che deriva dallo squilibrio di forza tra domanda ed offerta.
Ad ogni agenzia di ricerche di marketing questa situazione si ripresenta con una certa regolarità (il tipico esempio è quando vengono indicati dei target che target non sono e che la fase esplorativa per la messa a punto del progetto consente immediatamente di verificare); per cui mi rivolgo ad altri colleghi per avere i loro commenti al riguardo …