Avrò avuto una ventina di anni quando fui invitato a vedere le opere di un’amica, straordinaria miniaturista, nella sua casa sulle colline fiorentine. I suoi quadri misuravano, cornice in stile compresa, 6 o al massimo 7 cm per lato. Nature morte, fiori, interni arredati… tutti dipinti ad olio con un dettaglio impressionante. Aveva appreso l’arte della miniatura dal padre e si guadagnava da vivere con la vendita di questi piccoli capolavori.
Nella scelta di alcuni piccoli quadri da acquistare, il mio sguardo si posò su un’immagine fotografica di una giovane donna, molto più grande delle miniature appese sull’altra parete. La posa ben composta nella foto era bizzarra: la giovane, con gli occhi chiusi, sembrava essersi addormentata in un letto decisamente stretto. Chiesi chi fosse e la risposta dell’amica mi fece gelare il sangue: “Ah sì, quella è la foto di mia sorella morta, prima di chiudere la bara, da noi si usa così.” Mi spiegò inoltre che in alcune famiglie della sua zona in Svizzera era usanza fare una foto post mortem con il parente defunto, posizionato in una posa familiare, come se fosse vivo, con gli occhi aperti (a volte dipinti). Questo diventava un modo per conservare un’immagine del parente e tenerlo, diciamo, “vivo” nella memoria.
Ho appreso successivamente che la fotografia post mortem, o “memento mori”, era una pratica piuttosto diffusa tra la metà del XIX e i primi del XX secolo; un modo per onorare i defunti e tramandarne il ricordo alle generazioni future. A me parve allora, e la ritengo ancora oggi, una pratica macabra e scioccante.
Va considerato che le fotografie “memento mori” erano realizzate esclusivamente da fotografi professionisti specializzati nel ritrarre i morti. Nella maggior parte dei casi, vista l’elevata mortalità infantile, si trattava di bambini ritratti come se dormissero, tenendo in mano un giocattolo o appoggiati su un cuscino di fiori. Era necessaria una sala di posa, scenografia e abilità di ritocco dell’immagine. Questa pratica aveva un certo valore commerciale. Alcuni fotografi, per aumentare il compenso, sperimentavano composizioni più complesse, inserendo nella scenografia elementi simbolici come fiori, croci o oggetti personali del defunto, ritoccando persino le guance per dare un colorito più sano.
Bene, ti ho raccontato della fotografia del defunto solo per introdurti alla fotografia del defunto privo del corpo, e qui entriamo nel mondo dei fantasmi, della relativa fotografia e, infine, della nascita, grazie ai truffatori del marketing dell’occulto, della religione spiritica. In questo caso, il business dell’immagine non solo era più consistente, ma apriva le porte a una folla di seguaci creduloni, attratti da chi era in grado di connetterli con il mondo dei trapassati.
Si deve tenere presente che, in quel periodo, la fotografia era percepita come la vera immagine incontrovertibile della realtà. Quello che veniva fotografato non poteva che essere vero, e quindi la fotografia di un fantasma certificava l’esistenza del fantasma stesso.
D’altronde, se l’aldiquà era stato già ampiamente fotografato ed era facile da raggiungere per creare un buon affare, era giusto rivolgersi all’aldilà.
Tutto ebbe inizio quando, per caso, fu scoperto il processo di produzione di una doppia esposizione per creare l’effetto di un’apparizione spettrale. Questo processo fu scoperto dal fotografo americano William H. Mumler a fine Ottocento, quando scattò per errore due foto di sé stesso usando la stessa lastra fotografica.
La scoperta non sfuggì a William Hope, fotografo imbroglione e furbacchione, che anni dopo creò la sua prima fotografia di un fantasma. L’avvento del movimento spiritista, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, coincise con la diffusione della fotografia, e questa nuova religione spesso si servì della fotografia per aggiungere credibilità alle proprie affermazioni di contattare gli spiriti dei defunti.
Infatti, le immagini fotografiche di spiriti, fantasmi ed ectoplasmi contribuirono a creare, nel XIX secolo, i presupposti per la religione dello spiritismo.
l bisogno di credere affonda le radici nelle basi più profonde dell’essere umano, e questo spiega molto dell’esistenza, al di là del razionale, di molte religioni e ideologie.
Queste immagini, magari proiettate durante una seduta spiritica, offrivano una presunta prova visiva dell’esistenza di un aldilà e della possibilità di comunicare con i defunti. Ciò alimentava la fascinazione per il paranormale e la convinzione che lo spiritismo fosse una scienza legittima piuttosto che una semplice superstizione. Le fotografie di fantasmi erano spesso utilizzate dai medium spiritici come prova delle loro capacità di comunicare con gli spiriti.
Anche Karl Marx usò la figura retorica del fantasma per spaventare la borghesia dell’epoca: “Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono alleate in una santa battuta di caccia contro questo spettro…”
Lo spiritismo attecchì in modo particolare in Brasile, dove era considerata “una dottrina fondata sull’esistenza, sulle manifestazioni e sull’insegnamento degli spiriti,” come affermava il suo fondatore, Allan Kardec (a proposito, per chi fosse interessato all’argomento, su Netflix è disponibile un film sulla figura di Kardec e la sua conversione allo spiritismo).
(Vedi https://www.freniricerchedimarketing.com/ho-smesso-di…/ )
Nonostante l’autenticità di molte, se non tutte, le fotografie di fantasmi fosse messa in dubbio, queste immagini ebbero un impatto significativo sull’immaginario collettivo dell’epoca, contribuendo a diffondere la credenza nell’esistenza dei fantasmi e nell’aldilà con cui poter dialogare. Ciò preparò il terreno per l’ascesa dello spiritismo come religione, con le sue sedute spiritiche e i servizi legati al paranormale, che amplificarono la diffusione di false immagini di fantasmi, aumentando l’impatto sulla società.
Pensa, anche l’autore di Sherlock Holmes, Sir Arthur Conan Doyle, fu un accanito spiritista e un fervente sostenitore della fotografia del paranormale.
Naturalmente, se c’e’ qualcuno crede ai fantasmi, altri saranno cacciatori di fantasmi, impegnati a smascherare truffatori e ciarlatani. Un famoso cacciatore di venditori di fantasmi, Harry Price, sospettava che le fotografie fossero una bufala e tese una trappola al fotografo di fantasmi William Hope per smascherarlo come imbroglione. Contrassegnando le lastre fotografiche, fu in grado di dimostrare che Hope le aveva scambiate con altre già esposte. Eppure nonostante le fotografie si rivelassero false, gli spiritisti si rifiutarono di accettare la sgradita verità.
Ti ho mostrato quanto le doppie esposizioni nella fotografia del XIX secolo rappresentassero un fenomeno affascinante, in cui la tecnologia emergente fu sfruttata per evocare suggestioni sovrannaturali.
Da un punto di vista sociologico, è interessante osservare come questa pratica abbia contribuito a una sorta di “marketing spirituale”.
La nascita di un “mercato dell’aldilà” offriva alle persone consolazione e significato, ma si mescolava anche con elementi di speculazione, inganno e … business.
Era nato il moderno Marketing dell’occulto e del mistero.
Negli anni, il mistero gotico è stato trasformato in uno strumento di marketing potente. Eventi come le visite guidate nei castelli scozzesi “infestati”, spettacoli di illusionismo e film horror hanno sfruttato la paura e il fascino per il soprannaturale.
I castelli medievali, spesso in rovina, divennero simboli perfetti del mistero e del terrore, specialmente nella letteratura gotica inglese. Questi luoghi scelti come ambientazioni inquietanti dove il soprannaturale si intreccia con l’umano sono spesso circondati da paesaggi spettrali, ispirano immagini di fantasmi, segreti nascosti e storie tragiche. Queste immagini evocative di castelli nebbiosi, porte cigolanti e fantasmi sono l’ideale per attrarre turisti desiderosi di emozioni forti.
Ancora oggi, il marketing che si ispira al gotico continua a prosperare, influenzando i videogiochi, i film horror e le campagne pubblicitarie (vedi Halloween).
Oggigiorno, le immagini manipolate abbondano e sono facili da creare, ma il fascino di poter contattare i propri cari defunti e chiedere loro aiuto è spesso più forte dello scetticismo di una foto manipolata. In un mondo sempre più razionale l’ultima cosa che ci si aspetta e’ comunque la diffusione dell’irrazionale, la superstizione e la credulità in tutto ciò che sfugge ai sensi. Anche nell’occidente più evoluto e’ sicuramente più facile trovare persone che conoscono il proprio segno zodiacale piuttosto che il proprio gruppo sanguigno.