Siccome le elezioni si avvicinano anche da noi, niente di male a dare un’occhiata a quello che si sono inventati i marketeers negli Stati Uniti durante le elezioni presidenziali dello scorso anno; certo ci sarà qualcuno (l’appetito certo non manca) che proverà a sperimentarle su di noi. Ma riadattare non è sufficiente se il processo non viene adeguatamente supportato dalla Ricerca di Marketing (quella vera, che non prevede l’analisi comportamentale su soggetti auto-estratti).
Raccolgo e riassumo per il lettore curioso alcune notizie apparse sulla stampa specializzata statunitense per capire a fondo il ruolo e l’impatto della rete nell’ambito del consenso politico.
Dall’inizio del millennio le campagne elettorali negli USA si sono sempre più intensamente affidate alle tecniche di microtargeting, che dissezionano l’elettorato (acquisti, letture, livello di istruzione, etc.) per classificarlo sulla base di valori e tematiche.
Inizialmente erano in vantaggio i repubblicani che avevano istituito un archivio informatico denominato Voter Vault che doveva consentire agli operatori una comprensione sempre più approfondita delle esigenze dell’elettorato. In occasione della campagna presidenziale del 2004 l’équipe di Bush aveva classificato il campione di elettori a loro disposizione in 30 gruppi, ciascun gruppo definito da simili stili di vita, ideologie, interessi… A questo punto ciascun elettore USA veniva assegnato ad uno dei 30 gruppi, per sviluppare una serie di messaggi, ciascuno specifico per lo specifico gruppo.
Ma nel 2008 il vantaggio del microtargeting si spostò sui Democratici, che avevano sviluppato a loro volta un proprio enorme database, denominato VoteBuilder. In particolare un’organizzazione al servizio del partito disponeva di un archivio nazionale di 240 milioni di elettori, con informazioni specifiche su ciascun individuo, provenienti da fonti pubbliche e private, con centinaia di campi (proprietà immobiliari, acquisti ed investimenti, coinvolgimento con associazioni…) Nel 2008 e nel 2012, i Democratici potevano disporre di modelli più accurati per la previsione del comportamento di voto sulla base degli attributi psicografici.
Per l’elezione presidenziale del 2016, l’équipe di Trump ha potuto disporre di tre archivi informatici di elettori: uno fornito da Cambridge Analytica, con i suoi 5mila punti-dato su 220 milioni di elettori (comprensivi di profili di personalità su ciascuno); il rafforzato Voter Vault, per quasi 8 miliardi di punti-dato su una base di 200 milioni di elettori; ed infine uno creato per l’occasione, denominato Project Alamo, almeno in parte ricavato da milioni di piccole donazioni alla campagna ed indirizzi raccolti a manifestazioni, operazioni di merchandising, ed anche semplici messaggi testuali inviati a sostegno della campagna.
Alla fine, Project Alamo venne ad incorporare i dati degli altri due database.
Dopo la vittoria a sorpresa di Donald Trump, sono venute alla luce altre fonti di informazioni (e dati-punto), messi a disposizione da Cambridge Analytica, che si sarebbe servita di dati psicologici prelevati da Facebook, in abbinamento con ampi quantitativi di informazioni sui consumatori acquistati da aziende di data-mining per sviluppare algoritmi in grado di ricostruire il profilo psicologico di ciascun elettore.
Secondo il New York Times, Cambridge Analytica avrebbe quindi confezionato messaggi politici su misura per sollecitare l’emotività di ogni elettore, presentando, per esempio, un video che mostrava dei ladri che irrompevano in un’abitazione (come se fosse una pubblicità per un’arma da fuoco) ad un elettore valutato come neurotico, o a qualcuno che mostrasse sintomi di ansia a messaggi che illustravano i pericoli del terrorismo …
Il punto più conturbante sembra che Cambridge Analytica avrebbe ottenuto queste informazioni utilizzando un sito di Amazon denominato Mechanical Turk: l’azienda avrebbe pagato 100mila persone 1-2 dollari per compilare un sondaggio on-line, ma per ricevere il pagamento era necessario scaricare una app che avrebbe dato a Cambridge Analytica accesso ai profili dei loro (inconsapevoli) amici su Facebook. Questi profili comprendevano i loro “likes” su Facebook e le loro liste di contatti.
E così di algoritmo in algoritmo …
Riprenderemo questa disamina a breve in un nostro prossimo post ricordando che mentreI SONDAGGI FOTOGRAFANO UNA SITUAZIONE LE RICERCHE DI MARKETING, ATTRAVERSO SIMULAZIONI E IPOTESI FORNISCONO TUTTE LE INFORMAZIONI NECESSARIE PER DEFINIRE LE OPERATIVITÀ E LE STRATEGIE PER RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO. Riflettendo solo sui nomi che vengono dati alle nuove formazioni politiche capiamo quanto siamo lontani dal saper comunicare.