I consumi di prodotti e servizi, in tutti i mercati, ed oggi più di ieri, sono determinati da numerose variabili che poco hanno a che vedere con i “tradizionali” segmenti demografici come l’età, il genere, la collocazione geografica, i redditi, lo status familiare…
La rimozione di privilegi, rendite di posizione, o comunque di situazioni economiche di mera sussistenza, costringe inevitabilmente a pensare di spostare l’attività in un contesto socio-economico più favorevole. Un compito non facile di questi tempi. Anche per questo motivo i servizi di consulenza di geomarketing proliferano al punto che vengono offerti anche da professionisti che non hanno alcuna competenza in materia di ricerca di mercato come strumento ideale predittivo sulla validazione della scelta.
Ritengo che occorra un caveat. Prendere infatti una decisione dall’impatto economico cospicuo sulla base di dati secondari, non sempre freschi ed attuali, rappresenta un azzardo ingiustificato.
Per esemplificare, in occasione di un’indagine sulla clientela di una farmacia collocata su una direttrice stradale strategica abbiamo avuto occasione di riscontrare come circa l’80% dei clienti fosse di passaggio, in movimento verso o dal posto di lavoro; ora un dato di questo tipo, come quello della mobilità sul territorio, non è disponibile tramite un qualsiasi software di geomarketing.
I dati del GIS (Geographic information system) possono non soltanto dimostrarsi incompleti, ma potrebbero anche risultare non veritieri. Nella mia esperienza personale c’è il caso di un’ampia area che secondo il programma di geomarketing era PRIVA di popolazione residente ma che l’indagine sul campo dimostrò attrarre oltre 15mila visitatori al giorno, richiamati dalle strutture commerciali all’ingrosso: soggetti giovani, attivi nel lavoro, ad elevato reddito, un’area quindi di rilevante potenziale commerciale. E quindi: costruzione di alberghi, ristoranti, nuova viabilità etc… Un affare da centinaia di milioni di Euro, non poco per un’area che risultava priva di abitanti.