Scusi, quanto costa? Mah, dipende!
“Un solo prezzo e diritto di reso” “One price and goods returnable“..
Con questa frase rivoluzionaria Wanamaker, nel 1869, rese grandi e famosi i suoi magazzini (e lui ricco).

John Wanamaker (1838 – 1922)
La sua era una ricetta semplice ma che risultò decisamente efficace: fissare l’esatto valore monetario del prodotto e, contrariamente a quel che avveniva (goods sold are not returnable), consentire il reso.
Probabilmente si era domandato: a che pro mercanteggiare il prezzo con l’acquirente? Basta, serve una tregua, un patto nella guerra commerciale tra chi compra e chi vende.
Il prezzo fisso costituì pertanto una conquista soprattutto per l’acquirente, anche quello disponibile ad accettare un prezzo superiore vista la sua necessità di possedere quel prodotto.
Ma, soprattutto, non c’era più bisogno di affidarsi alla formazione e alla capacità dei venditori di portare avanti le trattative di vendita.
Il prezzo fisso non solo semplificava e velocizzava l’atto di vendita ma permetteva anche di promuovere la propria offerta come conveniente sui mezzi pubblicitari garantendo al pubblico la certezza dell’investimento.
Le evoluzioni del prezzo fisso sono state poi innumerevoli.
Innanzitutto quella di apporre ai prodotti di uso quotidiano, di basso costo, dall’acquisto ad impulso, il ‘,99’ finale (ad esempio: 1,99 se non 199) che mentalmente, seguendo il senso di lettura, sembra resta ancorato all’1 piuttosto che alla considerazione razionale del 2.
Questo avveniva nel secolo scorso. Oggi abbiamo il prezzo variabile, stagionale, in competizione con quello, anche lui variabile, della concorrenza e fare affidamento sul prezzo fisso è spesso una pia illusione.
Il prezzo, specie nel commercio digitale, non può per sua natura essere fisso, ma variare in accordo alle situazioni.
Altro che il vecchio 3×2, 2×1, sconto 50%, … per attirare l’attenzione della clientela (vedi nostro post sulla spinta all’acquisto compulsivo) .
Cerchi un volo aereo e lo trovi ad una buona tariffa. Rimandi di pochi minuti l’acquisto per informarti sul tempo atmosferico o per sentire il tuo compagno di viaggio se è libero in quel periodo. Torni sul sito e trovi un prezzo diverso, superiore.
La tua visita precedente, così quelle che farai successivamente, è stata tracciata e monitorando il tuo interesse, il prezzo naturalmente è cresciuto.
Non solo cresce sulla base delle tue visite, ma soprattutto cresce sulla base della vicinanza temporale della partenza.
Sulle scaffalature fisiche lo scontro tra i prezzi era strategico e determinato sulla base dell’immagine di marca e dagli spazi occupati sullo scaffale.
Nel mondo del commercio elettronico gli scaffali hanno uno spazio infinito, e il prezzo viene determinato da una serie di algoritmi che tengono conto dell’interesse, del giorno, dell’ora, del prezzo dei concorrenti e della formula contenuta nell’algoritmo per spillare anche l’ultimo centesimo all’acquirente.
Lo shopping comparativo online alimenta la conoscenza dei nostri percorsi sul web e rende imprevedibile per il consumatore il prezzo che gli sarà richiesto.
Le vending machine (quegli straordinari distributori automatici – di cui l’Italia è leader – erogatori di prodotti) potrebbero funzionare in questo modo: una bibita gelata potrebbe avere un prezzo maggiore nelle giornate estive più calde e inferiore negli altri giorni, così come un profilattico acquistato alle 9 di mattina potrebbe avere un prezzo inferiore a quello acquistato con urgenza alle 9 di sera.
Gabriel Tarde (sì, il criminologo) aveva affrontato il tema della psicologia economica affermando che la domanda influenza la borsa, più sono i venditori più il prezzo scende; più sono gli acquirenti, più il prezzo sale. La vera domanda da porsi, suggeriva Tarde, è: perché varia così?
La scienza dei prezzi (oggi esistono molti studi empirici a riguardo) si basa sulla percezione del valore piuttosto che sul valore reale degli oggetti.
Non a caso i commercianti propongono dei prodotti, quelli che fanno l’immagine di price/quality ratio del punto vendita, a prezzi particolarmente convenienti, i cosiddetti prezzi-civetta.
A proposito dei prezzi, le indagini di marketing sull’elasticità possono aiutare l’industria a definire il giusto prezzo in accordo al percepito dell’immagine di marca, all’utilità, ai prezzi dei concorrenti, al canale di vendita, fino ai volumi ipotizzati (leggi questo nostro precedente articolo per saperne di più)
Ignari della tecnica messa a punto da Van Westendorp di come definire il “miglior prezzo” mi è capitato vedere capitani d’industria che definiscono il prezzo dei propri prodotti a spanne osservando solo quelli dei concorrenti senza ulteriori considerazioni.
Il rischio? Andare fuori prezzo e perdere delle vendite oppure proporre un prezzo inferiore e perdere marginalità economica.
Un errore imperdonabile in entrambi i casi.