Nel nostro paese la Pubblica Amministrazione è poco orientata alla ricerca, almeno è quello che risulta dal livello di investimenti di ricerche di mercato in ambito sociale e politico per conoscere le percezioni, le esigenze i desiderata degli utenti, un livello molto inferiore a quello di un paese di dimensioni analoghe ma di diverse tradizioni amministrative come la Gran Bretagna (30 milioni vs 280 milioni di Euro).
Stiamo pensando, tanto per fare qualche esempio, all’edilizia pubblica, all’erogazione di servizi sanitari e sociali, al settore museale e persino, perché no, al versamento di tasse e tributi. Limitiamoci a dire che al fine di migliorare il rapporto con il contribuente non è sufficiente apporre il cartello Sportello Amico o richiamarsi al concetto di Equanimità.
Di questo orientamento da parte della Pubblica Amministrazione non è che non se ne avvertono le conseguenze; il risentimento, e persino il rancore, nei confronti di addetti allo sportello, funzionari e dirigenti della Pubblica Amministrazione (tutta la Pubblica Amministrazione) raggiunge talvolta da noi livelli da insurrezione.
È in realtà un problema culturale, per cui lo Stato, la Pubblica Amministrazione del nostro Stato non si considera al servizio dei cittadini ma al di sopra, per cui i cittadini sono soltanto sudditi, talvolta anche irriconoscenti, con i quali non si avverte proprio alcun desiderio di interloquire, tanto meno ascoltare e servire. Se poi la sua offerta di servizi non incontra la domanda poco male. Ero giovane quando ho letto per la prima volta che la priorità era la semplificazione della PA. Oggi ne vedo gli effetti.
Il privato che tira fuori dal suo portafogli il suo denaro, rischiando in proprio, prima di investire invece si preoccupa di sapere se e come l’impresa che vuole avviare dovrà essere realizzata, “confezionata” e promossa soddisfacendo i bisogni dell’utenza.