In realtà il prezzo è, nell’era del marketing ancor più di prima, una variabile elastica ed almeno in parte indeterminata, correlata solo verso il basso con i costi di produzione e svincolata dalle scelte razionali del consumatore. La crisi economica, l’indebitamento pubblico, l’accresciuta pressione fiscale, le difficoltà finanziare delle aziende, il costo del denaro, le tredicesime alleggerite, la scarsità di lavoro, le difficoltà occupazionali hanno restituito al prezzo tutta l’importanza che gli compete nell’analisi del comportamento d’acquisto del consumatore.
Visti i tempi il consumatore è in questo momento infatti particolarmente attento alla dimensione del prezzo. Il fatto che vi presti una maggiore attenzione non gli consente comunque di sfuggire alla soggettività della percezione della reale dimensione del prezzo.
Come fa il consumatore a valutare la “giustezza” del prezzo?
Perché un conto è la dimensione oggettiva del prezzo, un conto è la percezione soggettiva, condizionata dalla “cultura” personale e dalla peculiarità del prodotto. Il livello di reddito, i limiti di budget da destinare al prodotto determinano infatti diversi livelli di sacrificio-costo che il consumatore accetta per garantirsi un bene in grado di assolvere una determinata funzione. Anche il prestigio che deriva dall’adozione del prodotto gioca un evidente importante ruolo nel processo d’acquisto e nella sopportazione del costo (tutta una serie di prodotti sono esplicitamente supervalutati e vengono acquistati solo per il fatto di essere snob o distintivi). Anche la marca, con tutti i suoi attributi, gli stimoli sensoriali della confezione e del prodotto e la politica di prezzo della concorrenza concorrono a far variare le aspettative di prezzo. Sappiamo tutti che a parità di prestazioni, variando marca e confezionamento, il prezzo può subire delle consistenti oscillazioni. La scelta del canale di vendita, l’uso che il consumatore prevede di fare del prodotto, il tempo che ha a disposizione per comparare le alternative dell’offerta di mercato e la sua capacità di informarsi sulle prestazioni e sulla oggettiva qualità, l’importanza che attribuisce all’acquisto sono ulteriori elementi influenti nella percezione del prezzo.
Se per la teoria economica classica il prezzo di vendita rappresentava il punto di equilibrio tra la massimizzazione del profitto da parte dell’azienda e la massimizzazione dell’utilità che ne derivava al consumatore, oggi si è constatato sperimentalmente che la formazione del prezzo segue percorsi logici radicalmente diversi. Il prezzo percepito rappresenta infatti la sintesi, il compendio, di una serie innumerevoli di variabili (abbiamo poco fa elencato le più evidenti) che concernono l’immagine di marca, la qualità del prodotto, lo stile di vita e lo status economico e sociale dell’acquirente.
Il consumatore, valutando un prezzo, processa tutte le informazioni di cui dispone ne valuta rapidamente i pro ed i contro, creando associazioni negative e positive. Questa analisi multidimensionale vede il concorso di una serie molto lunga di variabili, talvolta inattese, che trovano nell’istante della accettazione del prezzo, un punto di equilibrio. Un equilibrio spesso instabile, che può mutare a seguito di una ulteriore piccola informazione.
La questione prezzo, vista in questi termini, avvalora l’ipotesi di una discreta razionalità nel processo di acquisto. Si tratta in realtà di una capacità elaborativa estremamente debole che procede per grossolane semplificazioni. Ad esempio è cosa nota (e scientificamente studiata) anche al grande pubblico che 19.99 Euro sono percepite come un prezzo significativamente diverso dai 20 Euro. Questione di soglia psicologica, dicono gli esperti, informandoci che le cifre dispari (19.99 denotano convenienza e hanno una forte capacità di elevare la domanda mentre le cifre pari (i 20 Euro tondi) denotano elevata qualità.
Per un’azienda decidere di scontare, come esemplificato in questo specifico caso, un prodotto di una percentuale insignificante può determinare un notevole incremento del venduto. Questo è il motivo per cui è più facile trovare automobili in vendita a 19.500 Euro (che con la minima dotazione di accessori vanno immediatamente oltre i 20 mila milioni) piuttosto che a 20 o 21 mila Euro.
La stessa dimensione del cartellino del prezzo nel negozio influenza la percezione della convenienza (più il prezzo viene evidenziato, più l’articolo appare promozionato). Viceversa un prezzo sussurrato da un piccolo cartellino perde questa capacità. L’assenza del prezzo addirittura suscita diffidenza e, se non viene usato nei luoghi opportuni, genera un totale rigetto (ad esempio nei negozi di prestigio riservati agli snob si parla sempre di qualità, solo incidentalmente di prezzo). E la clientela si adegua. L’assenza di prezzo invece non funziona al ristorante quando il cameriere evitando di consegnare il menu (obbligatorio per legge), elenca al malcapitato avventore le diverse portate senza affrontare il problema prezzo: in questo caso il prezzo è sempre considerato ingiusto.
Che dire poi dei prezzi civetta di alcuni prodotti ben conosciuti (quindi immediatamente comparabili) che da soli sono sufficienti a garantire l’immagine di convenienza di tutto l’assortimento di un punto di vendita?
Come si vede la ricerca del prezzo giusto è una costante nella politica commerciale delle aziende. Talvolta, anche un prezzo oggettivamente giusto che per vari motivi non viene percepito come giusto, penalizza la domanda. È questa la ragione per cui molti prodotti rimangono inalterati nel tempo nella confezione esterna e riducono progressivamente il contenuto pur di mantenere il prezzo giusto. La stessa logica fa si che il 3×2 faccia esplodere la domanda concentrando le vendite di 3 mesi nell’arco di 2 settimane. In questo caso il prezzo diventa più che giusto ed i consumatori sono disposti ad un elevato autostock della merce presso la propria abitazione.
In molti paesi stranieri esistono dei punti vendita che propongono assortimenti merceologici ultravariegati ad un prezzo di vendita fisso. La fortuna di Mark & Spencer, una gigantesca catena di negozi di grandi superfici diffusa in tutto il Regno Unito, cominciò a suo tempo con la proposta “tutto a 1 solo scellino”.
Il prezzo, questa variabile così importante nel marketing mix, capace di determinare l’ampiezza della domanda, assume il valore di giustezza solo in un determinato contesto e presso un particolare segmento di mercato. La crisi ha introdotto un ulteriore elemento di valutazione sulla percezione del giusto prezzo e per chi la sa sfruttare può diventare una tattica vincente di mercato.
Molte aziende hanno annunciato il blocco dei prezzi, se non addirittura una loro riduzione, con evidenti vantaggi (per le imprese). È questo veramente il caso di dire: “OK il prezzo è giusto!”