Il mondo della vendita al dettaglio ribolle sempre di sorprese e novità, anche perché è a contatto immediato con l’evoluzione delle scelte di consumo. Talvolta le sorprese sono di segno negativo; questa sembrerebbe l’imprevista prospettiva per gli specialist con una superficie di vendita inferiore ai 150 metri quadri del comparto food, almeno alla luce delle difficoltà di alcuni protagonisti.
In questo settore possiamo individuare due principali tipologie: quelli che fanno riferimento a una fascia di consumo elitaria, interessata a prodotti “gourmet” e “delicatessen”, di limitata disponibilità (ad esempio: chicchi di caffé a tostatura “naturale”), che accetta prezzi premium per il privilegio di acquisire un prodotto esclusivo (magari in vista di un dono o di una evenienza particolare); dall’altra, su una fascia di consumo meno esclusiva, catene di prodotti organici, bio e “naturali” che si rivolgono ad un target motivato verso uno stile alimentare non che esclude quelle trasformazioni che distanzierebbero irreparabilmente gli alimenti dalla fonte vitale del mondo “di una volta”.
Naturalmente le gastronomie specialistiche non possono competere con i supermercati tradizionali per ampiezza dell’offerta, l’assortimento è decisamente più limitato.
Negli anni scorsi gli specialist hanno potuto profittare di un mercato favorevole disposto ad accettare prezzi premium (contesto che inevitabilmente ha attirato nuovi competitor finanziariamente più forti).
Ci sono però delle criticità per i negozi specializzati con superfici medio-picole: per sussistere, e prosperare, occorre un’offerta di prodotti esclusivi (di disponibilità non generalizzata), ed al tempo stesso devono risultare sufficientemente attraenti per motivarli la clientela ad accettare un prezzo premium. Ultimamente questi due parametri si sono disallineati, con ripercussioni sulla situazione finanziaria.
Una volta che la grande distribuzione di massa on e off-line, ha cominciato a disporre della stessa offerta degli specializzati, l’equilibrio si è infranto: quando i supermercati tradizionali si sono resi conto che la domanda di prodotti “naturali” e “gourmet” non si esauriva, anzi cresceva, hanno cominciato a proporla ai loro clienti, ad un prezzo nettamente inferiore. In questo modo i consumatori interessati a questa offerta si sono moltiplicati ma non disponibili ad accettare i prezzi proposti dai punti vendita esclusivi.
Le attese sono per un mantenimento della crescita dei prodotti (fino a poco tempo fa) destinati a pochi, ma questi non saranno necessariamente venduti dai negozi specializzati contraddistinti da una modesta superficie di vendita.
Paradossalmente, il trend farebbe intravvedere una situazione dove semplicemente tutti i prodotti alimentari (ma anche quelli no food) finiranno con l’essere etichettati come bio, naturali, organici, sostenibili, eco friendly…… a beneficio del mercato di massa, decretando la fine di molti negozi specializzati che dovranno reinventarsi per sopravvivere o crescere nelle loro dimensioni..
Questa evoluzione dimostra anche il limite della specializzazione di nicchia: quando questa diventa economicamente interessante muove gli appetiti dei grandi gruppi. E il pesce grosso, lo sappiamo, mangia sempre quello più piccolo.