L’espressione ricorrente è “a colpo d’occhio”.
Può in effetti bastare una semplice occhiata per farsi un’idea delle capacità di una persona, utilizzando sottili indizi di tipo economico, spesso legati al suo abbigliamento.
Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour da ricercatori della Princeton University, basterebbero 130 millisecondi per formarsi un’idea sulla competenza di chi ci sta di fronte sulla base del suo abbigliamento.
In un brevissimo istante, l’abito percepito come più “ricco” (persino se si trattava di una T-shirt) conferisce un’immagine di maggiore competenza alla persona che lo indossa rispetto alla persona che indossa un abito percepito come “povero”.
La subitaneità della valutazione rende il pregiudizio inevitabile ed inconsapevole.
L’abito quindi fa veramente il monaco, ma lo fa così rapidamente che non riusciamo razionalmente ad evitare il pregiudizio, sia in positivo che in negativo.
Nel corso dell’esperimento effettuato alla Princeton University i partecipanti venivano anche informati sulla professione ed il reddito delle persone che venivano via via presentate diversamente abbigliate; ma indipendentemente dalla rotazione dei diversi volti i risultati sono sempre rimasti coerenti.
L’abbigliamento, più o meno ricercato, anche quando veniva richiesto esplicitamente di ignorarlo e di valutare le presunte competenze solo osservando il volto ha sempre e decisamente influenzato il giudizio. La valutazione della competenza di chi si ha di fronte viene pertanto, istantaneamente ed indipendentemente dalla nostra volontà, associata alla raffinatezza dell’abbigliamento.
I risultati di questa ricerca dimostrano, per la prima volta, quanto siano incontrollabili ed istantanei i segnali di status economico sulla percezione delle competenze di una persona, 130 millesimi di secondo.
In termini sociologici si parla di stigma, uno sguardo sfavorevole che avvolge le persone meno abbienti.
Il professore Eldar Shafir così commenta le risultanze della ricerca: “La povertà è uno spazio infestato da sfide. Invece di rispetto per le loro avversità, quanti devono vivere in povertà devono affrontare in permanenza indifferenza e disistima da parte del resto della nostra società. Abbiamo scoperto che questa disistima, manifestamente infondata in quanto nelle nostre ricerche la stessa identica faccia veniva valutata meno capace quando veniva presentata con un vestito più povero, può prendere forma fin dal primo decimo di secondo di un incontro.”
Abbiamo già scritto su quanto il marketing potrebbe fornire un grande aiuto alle popolazioni più povere, al di là della raccolta fondi e dell’invio di alimenti spesso ad esclusivo beneficio di chi aiuta e non di chi dovrebbe beneficiare dell’aiuto.