Eh sì, parliamo dell’asola, che pur essendo un dettaglio apparentemente insignificante, ha rappresentato, dal Medioevo in poi, un’innovazione fondamentale nel mondo dell’abbigliamento, per poi dare vita alla scintilla dell’innovazione successivamente pilotata dal moderno marketing.
L’invenzione dell’asola ha trasformato i bottoni, da semplici decorazioni o simboli di status sociale, in uno dei meccanismi di chiusura più diffusi e versatili al mondo.
Ma partiamo dall’inizio.
Prima dell’invenzione dell’asola (un occhiello ricavato nella stoffa cucendo un’orlatura dove far passare il bottone), i bottoni erano usati unicamente come ornamenti. Nei millenni passati, in tutte le culture, queste decorazioni venivano applicate sugli abiti non per chiudere o regolare, ma per impreziosire i tessuti.
Le chiusure dei capi erano allora ottenute con lacci, spille e fibbie, o addirittura cucite addosso. Per secoli, i bottoni erano piccoli capolavori ornamentali, ma mancavano di una funzione pratica.
L’introduzione dell’asola nel XIII secolo in Europa rappresentò la grande svolta. Questo semplice intaglio o passante nel tessuto permise per la prima volta ai bottoni di svolgere una funzione pratica: chiudere o aprire i vestiti in modo rapido ed efficace.
L’asola era un’idea geniale nella sua semplicità: un’apertura rinforzata che consentiva al bottone di passare attraverso, fissando i due lembi di un indumento. La scoperta dell’asola potrebbe essere stata ispirata dalle fibbie o dai sistemi di chiusura che già prevedevano l’inserimento di un elemento in una fessura o in un passante.
Fatto sta che con l’arrivo dell’asola, i bottoni si diffusero rapidamente come soluzione pratica, semplificando la vita quotidiana e rivoluzionando il design dell’abbigliamento. Oggi consideriamo i bottoni oggetti banalmente ordinari, ma all’epoca furono una piccola grande rivoluzione, ed è sorprendente vedere come un’invenzione così semplice e geniale del sistema bottone-asola abbia impiegato così tanto tempo a diffondersi.
La parola “bottone” deriva dal francese antico “bouton”, che significava “germoglio”, “bocciolo” o “bottone”. L’idea era proprio quella di un piccolo elemento che spunta fuori da qualcosa di più grande, proprio come un bottone esce da un tessuto. Ed infatti la forma del bottone, spesso rotonda o a forma di goccia, come quella di un bocciolo di fiore, gli consentiva di entrare o uscire con una leggera pressione dall’asola (che appropriatamente in Brasile si chiama “casa de botão”, casa del bottone).
La storia dell’invenzione dell’asola, come quella di molte altre invenzioni, è avvolta nel mistero. È probabile che sia stata una scoperta graduale, il risultato di una serie di piccole innovazioni che nel tempo hanno portato alla creazione del sistema sartoriale che conosciamo oggi.
Possiamo ben immaginare, come nelle favole del “c’era una volta”, come sia stato l’incontro epico e freudianamente passionale tra il bottone e l’asola.
Ed infatti fu proprio l’asola a parlare per prima, rivolgendosi al bottone: “Sono un’asola, e ho un sogno: essere utile. Da sola non posso fare molto, ma insieme possiamo creare qualcosa di straordinario, ad esempio, abbracciandoci, un sistema di chiusura“. Il bottone, inizialmente scettico, iniziò a riflettere. Forse l’asola aveva ragione. Insieme potevano diventare qualcosa di più grande della somma delle loro parti. E così il bottone si infilò nell’asola. Fu amore a prima vista. Il bottone si sentiva completo, finalmente aveva uno scopo. L’asola, a sua volta, era orgogliosa di aver trovato il suo complemento perfetto. E così, nacque un’amicizia indissolubile, un’unione che avrebbe rivoluzionato tutto il mondo dell’abbigliamento. Da quel giorno, bottoni e asole vissero, come si narra nelle favole, felici e contenti. Ed infatti furono, in men che non si dica, realizzati abiti eleganti e pratici, che si potevano aprire e chiudere con facilità. E il bottone, un tempo vanitoso e inutile senza una vera occupazione funzionale, divenne con la compagna asola un simbolo di unione e funzionalità.
Tra l’altro, nel romanzo di Louis Pergaud La guerra dei bottoni, il bottone diventa un vero e proprio trofeo di guerra durante le battaglie tra le due bande di ragazzi. Privare i calzoni dell’avversario dei bottoni significava umiliarlo pubblicamente, lasciandolo letteralmente con le “brache in mano”.
Il bottone comunque visse felice e contento con l’asola, almeno finché qualcuno non inventò la Zip, la grande minaccia al primato del bottone, venuta dal marketing d’oltreoceano.
Fu la Goodrich Company statunitense a introdurre il termine “zipper” negli anni ’20, quando adottò l’invenzione della zip per gli stivali di gomma “zipper boot”. Un successo da 60 milioni di pezzi.
La parola “zipper” è magicamente onomatopeica e deriva dal suono prodotto dalla chiusura lampo, evocando l’idea di velocità e praticità. Questo nuovo termine (vedi quanto sono importanti i nomi dei prodotti quando sono evocativi e corrispondono alla funzione) ebbe un successo tale da diventare rapidamente di uso comune anche come parola.
La zip rappresentava la minaccia per i bottoni, che all’epoca erano lo standard di chiusura per capi d’abbigliamento. Tuttavia, all’inizio, la zip fu accolta con una certa diffidenza, soprattutto nel settore della moda formale maschile, dove i bottoni rimanevano il simbolo di stile e raffinatezza. La zip era vista come un’alternativa troppo informale, adatta inizialmente per capi sportivi o di uso pratico.
Negli anni ’30, iniziò una campagna di vendita di abbigliamento per bambini con cerniere. La campagna elogiò le cerniere per aver promosso l’autosufficienza nei bambini piccoli, rendendo loro possibile vestirsi da soli.
La Zip sconfisse, in alcuni ambiti dell’abbigliamento meno tradizionalisti, dopo che gli stilisti francesi si entusiasmarono per le cerniere nei pantaloni da uomo che escludevano la possibilità di lasciare aperta la patta dei pantaloni, rendendo più pratica e veloce l’apertura/chiusura.
In Italia la Zip diventa Lampo. L’associazione tra la rapidità con cui si apre e si chiude una zip e il fulmine, simbolo di velocità, è immediata. Non sappiamo chi abbia coniato per primo il termine “Lampo” per indicare la cerniera, ma in termini di marketing di denominazione di prodotto, è perfetta. Siamo in piena epoca dannunziana, con la sua ricerca di sonorità evocative e l’esaltazione dell’estetica, e questo potrebbe aver fornito l’humus culturale perfetto per un nome così suggestivo. Considera inoltre che il termine “Lampo” e l’impiego nella sartoria furono frutto di una campagna di comunicazione e marketing particolarmente efficace, volta a sfruttare l’immaginario collettivo legato alla velocità, all’innovazione e alla praticità di ciò che ci proiettava nel futuro.
L’industria dell’abbigliamento e della moda si avvicinò ulteriormente alla cerniera lampo nei primi anni ’30, quando una campagna di vendite promosse le cerniere lampo nei vestiti per bambini, facendo leva sull’indipendenza nel vestirsi da sé che i giovani avrebbero avuto grazie a questo meraviglioso dispositivo.
Durante la Seconda guerra mondiale la zip negli Stati Uniti ebbe un’ulteriore diffusione grazie all’adozione in uniformi militari e altri indumenti pratico-sportivi. Dopo la guerra, la zip, e in Italia con il nome Lampo, cominciò a diffondersi anche nella moda civile, superando la resistenza iniziale. La sua popolarità esplose soprattutto negli anni ’50, grazie alle iniziative di marketing applicate alla moda giovanile e al cinema, dove venne spesso associata a un look moderno e dinamico. A quel punto, le Lampo divennero onnipresenti, mentre i bottoni rimasero sempre più relegati all’abbigliamento elegante tradizionale specie nel capospalla completo-classico.
Ma torniamo un attimo all’attualità.
Rovistando nella mia libreria mi imbatto in una ricerca sul mercato dei bottoni commissionata al mio istituto quando l’Italia era leader mondiale del settore sia come quantità prodotta sia come qualità. Oggi, dopo soli 30 anni, le quantità si sono fortemente ridotte mentre la qualità, specie nel segmento del bottone gioiello di prestigio, premia ancora la produzione italiana. L’Italia ha mantenuto una posizione di leadership nel segmento del lusso, in particolare nei cosiddetti bottoni gioiello realizzati con materiali pregiati (madreperla, cristallo, metalli preziosi). Questi bottoni, utilizzati per capi di alta moda, pellicce e abiti esclusivi, sono ancora prodotti da artigiani e aziende italiane di grande prestigio, che puntano su qualità, design e innovazione.
Le quantità invece si sono ridotte soprattutto a causa della globalizzazione; i capi di abbigliamento (camicie, pantaloni eccetera) arrivano dai paesi dal basso costo del lavoro con i bottoni già applicati, rendendo superfluo il mercato dei bottoni sfusi. Inoltre il fenomeno del fast fashion ha ridotto la longevità dei capi d’abbigliamento. Con abiti che si usano per pochi mesi, è meno comune riparare o sostituire bottoni, riducendo ulteriormente la domanda di bottoni sfusi.
Alla Zip si e’ poi affiancato il Velcro che ha dalla sua una versatilità e facilità d’uso superiore per la sua capacità di adattarsi a qualsiasi tipo di tessuto e forma. Inoltre, forte e’ la sua adattabilità con i bambini, che l’adorano per la semplicità.
La spinta del marketing all’innovazione e la ricerca continua di sostituzioni per la “soluzione ai problemi” ha portato ad un forte ridimensionamento dell’impiego dei bottoni che continuano a vivere nella tenera nostalgia degli oggetti come le carrozze, gli aratri e, perché no, anche il mangiadischi delle feste in casa.
E così, mentre il mondo cambia a ritmi vertiginosi, ci ritroviamo ancora a guardare con affetto e ammirazione quei piccoli dettagli che, un tempo, erano il cuore della nostra quotidianità. I bottoni, con la loro funzione semplice ma elegante, continuano a vivere oltre che nei ricordi anche nelle moderne scuole di cucito (che vanno alla grande). Anche se oggi la zip, il velcro e la praticità del fast fashion dominano, i bottoni rimangono nell’immaginario collettivo come simbolo di un’epoca in cui il dettaglio era importante, in cui ogni cosa, anche la più piccola, aveva un valore. Quel valore che non è mai solo funzionalità, ma anche bellezza, ricordo, e un po’ di magia.
Al mercato della Cascine del martedì a Firenze ho notato che 10 bellissimi bottoni di materiale pregiato di tutti i tipi, forme e colori vengono venduti solo ad 1 Euro.
Ahimè!