Un Antropologo Marziano entra nel Bagno Pubblico e sente una voce: Mamma mi scappa la pipì. Mi accompagni in bagno?
Per capire come la gente affronta ed utilizza l’ambiente pubblico del bagno servirebbe proprio, oltre che un designer, un ricercatore marziano etnografo.
Un ambiente quello che, volenti o nolenti, utilizziamo migliaia di volte nella nostra esistenza e non sempre son rose e fiori.
Solitamente i bagni pubblici sono divisi fra uomini e donne, una divisione diciamo così definita a fine ‘800. In precedenza erano soli gli uomini che potevano arrogarsi la dignità di un bagno pubblico. E le signore? Beh, si dovevano arrangiare in qualche modo.
A suo tempo, quindi, l’istituzione e la divisione di bagni pubblici fra uomini e donne è stato un grande passo in avanti, anche se le donne rimanevano, e rimangono tutt’oggi, sempre le più penalizzate.
L’ambiente bagno infatti non prevede quasi mai dei ganci dove attaccare una borsa, una giacchetta o altro lontano dal pavimento, o delle barre dove poggiarsi e fare forza per non toccare l’orlo del sedile.
Ma anche lo spazio pubblico per l’uomo può presentare delle difficoltà.
Spesso nei bagni pubblici non ci sono dei divisori tra gli orinatoi per evitare gli sguardi indesiderati o comunque non sempre sono attrezzati a sufficienza per garantire un servizio alle persone con disabilità.
Si va dalle barriere architettoniche all’impossibilità di poter accompagnare la persona in carrozzina o gestire l’igiene di un bambino piccolo.
In realtà fortemente penalizzati sono proprio i bambini, come se non esistessero, i quali non trovano l’erogatore del sapone, il dispositivo per asciugarsi le mani ma persino il lavandino alla loro altezza. Tutto è stato progettato per gli adulti rigorosamente abili. Eppure basterebbe poco, una panchetta, per portare i bambini quantomeno all’altezza degli oggetti costruiti per gli adulti.
Osservando l’ambiente bagno ci sarebbe molto da discutere anche sulla chiusura delle porte, alcune ancora come nel giurassico, con la chiave. In realtà oggi sono in funzione nelle toilette più avanzate una serie di automatismi con sensori per non dover toccare le superfici: interruttore delle luci, attivazione dell’acqua, scarico del WC.
I giapponesi, particolarmente sensibili a questo tema, hanno eliminato l’utilizzo della carta igienica sostituendolo con dei getti di acqua, consentendo, a loro avviso, una maggiore pulizia al termine della defecazione e rispetto per il risparmio ecologico in carta igienica.
L’antropologo marziano, osservando anche chi deve pulire l’ambiente del bagno pubblico, avrebbe motivo di esprimere antipatiche considerazioni sull’esigenza di dignità per gli addetti alla pulizia e indicazioni a chi progetta l’ambiente del bagno pubblico: evitare angoli nascosti, difficilmente raggiungibili, dove si annida lo sporco (quindi stondare gli angoli); dotare l’ambiente di una illuminazione (e areazione) adeguata e scegliere i materiali sulla base della facilità dell’igienizzazione.
Vedo e prevedo il bagno pubblico del futuro
Sicuramente al di là della normativa attuale che prevede bagni differenziati tra maschi e femmine (che vedono inevitabilmente le donne in coda perché la progettazione non tiene conto dei loro tempi e delle loro specifiche esigenze), avremo dei bagni indifferenziati per genere (gender neutral).
Ma ancor di più, per venire incontro alle esigenze della popolazione (questa è una tendenza accertata nelle nazioni più attente ai bisogni della popolazione) avremo bagni per adulti vs. bagni per la famiglia, ovvero da un lato servizi igienici unisex e dall’altro familiari.
La scelta di creare bagni pubblici unisex potrebbe rappresentare il modo più razionale per eliminare le lunghe code nei bagni riservati alle donne ma anche garantire maggiore sicurezza.
Nella progettazione, per evitare episodi di discriminazione o vittimizzazione, sempre più frequenti, si presentano infatti più sicuri dei bagni separati tra uominie donne. Sono infatti caratterizzati dall’assenza di uno spazio interno condiviso proprio dove si possono verificare comportamenti incivili nei confronti di persone che potrebbero essere molestate o attaccate fisicamente nei bagni tradizionali riservati ad un unico sesso. I bagni unisex dovrebbero essere piccole stanze da bagno monoutente che possono essere utilizzate indipendentemente dal genere (uomini, donne).
Un design Family-Friendly
Le esigenze nell’utilizzo del bagno pubblico da parte dei diversi membri della famiglia evidenziano che sono sempre le donne a subire il peso maggiore della gestione sia dei bambini che dei parenti anziani.
Sono pochi i servizi igienici progettati a misura della figura che gestisce la famiglia con caratteristiche tecniche a misura di soggetti non del tutto abili e a misura di bambino.
Ovunque vediamo genitori o nonni che accompagnano i bambini o persone con disabilità che necessitano di assistenza, in difficoltà per la mancanza di un bagno riservato alla famiglia.
Questo è ancora più evidente quando i sessi sono misti, ad esempio una madre single che accompagna il suo giovane figlio o una moglie anziana che accompagna il marito disabile.
Strano che nessun progettista si sia mai chiesto come questi soggetti possano utilizzare bagni rigidamente suddivisi tra maschi e femmine.
Non mi guardare!
Il bagno del futuro dovrà garantire molto più di quanto faccia oggi la privacy.
A questo proposito si dovranno evitare progetti che vedono da una parte file di orinatoi e dall’altra file di box posti di fronte ai lavabi.
Questa progettazione storicamente datata tiene conto solo delle esigenze dei progettisti dell’idraulica, perché vengono pensati in accordo all’economia dei tubi di carico e di scarico dell’acqua, ma non si basano sulle necessità di riservatezza dell’utenza, costretta a svolgere in pubblico molte attività che dovrebbero essere riservate.
A questo proposito prevediamo che i box si trasformeranno in qualche cosa di diverso da un semplice box, perché dovranno essere attrezzati con specchi, mensole portaoggetti, e tutto ciò che consentirà di fare quello che prima si doveva fare in pubblico: pettinarsi, lavarsi i denti, truccarsi, etc…
Vista inoltre la mobilità delle diverse etnie specie negli aeroporti ma anche sul territorio, questi mini-bagni garantirebbero anche il rispetto delle differenze culturali e religiose, nelle pratiche della cura della propria persona.
Tutto questo rientra nella creazione di bagni unisex, che oltre che il rispetto della riservatezza andranno a ridurre le file che si generano in attesa dell’accesso al servizio da parte delle donne, che hanno esigenze diverse e tempi più lunghi anche a causa del proprio abbigliamento.
Incredibilmente non si è mai pensato a sufficienza all’igiene tra chi entra e chi esce ma anche alla sicurezza psicologica (possibilità di fuga)
Questi bagni prospettabili nel futuro dovrebbero avere l’ingresso e l’uscita separati, senza obbligare coloro che hanno già espletato le proprie funzioni a fare lo stesso percorso di chi entra, spesso in corridoi angusti.
A questo proposito avere un ingresso e un’uscita separata garantisce più sicurezza evitando la spiacevole sensazione di entrare in un cul-de-sàc privo di uscite (situazione che in caso di emergenza potrebbe rivelarsi a rischio).
Quanto tempo passiamo in bagno?
Qualcuno forse obietterà che in fondo in bagno non trascorriamo poi molto tempo. Facciamo un piccolo calcolo.
Poniamo che sommando le abluzioni mattutine alle varie volte che ci rechiamo in bagno per esigenze fisiologiche e non, trascorriamo in bagno un’ora al giorno (e questo periodo a nostro avviso viene calcolato per difetto).
Ebbene, a 50 anni abbiamo già trascorso almeno due anni in bagno, e a 85 anni tre anni e mezzo (di cui un paio sono quelli trascorsi nei bagni pubblici).
Questi semplici dati mostrano l’urgenza e l’esigenza di una ristrutturazione totale dell’ambiente bagno qualificando anche quello pubblico, in cui non può mancare quello che a noi sembra oggetto di uso comune, ma che in quasi tutte le parti del mondo è un oggetto strano: il bidet (un’antica parola francese che significa “pony”, un piccolo cavallo sul quale montiamo a cavalcioni).
Il marziano antropologo potrebbe chiedersi cosa è e a cosa serve, visto che già ci si pulisce con la carta.
Beh, noi italiani crediamo che pulendosi con la carta e poi lavandosi si raggiunge il massimo dell’igiene.
Qualcuno dovrebbe raccontare al nostro antropologo che questo oggetto è utile per radersi le gambe, lavarsi quando c’è il ciclo, estremamente utile per mettere i piedi a mollo (magari con un po’ di bicarbonato), essenziale per pre e post rapporti sessuali. L’apoteosi dell’igiene.
Il bagno pubblico del futuro dovrà prevedere anche questo dispositivo corredato da asciugamani di carta.
Ovviamente questi mini bagni dovranno essere adeguatamente attrezzati per garantire una totale igienizzazione dopo l’uso in attesa del prossimo utilizzatore.
Come dice il saggio, il livello di civiltà di un popolo si misura anche dalla qualità dei bagni. Quindi guardiamo oltre lo scarico per ripensare l’esperienza nei bagni pubblici