L’attuale disposizione dei tasti sulle tastiere dei PC (denominata QWERTY dalla sequenza dei tasti sulla riga più in alto dei caratteri alfabetici) conseguiva all’esigenza di ridurre l’eventualità di un incastro dei martelletti nelle macchine da scrivere della seconda metà dell’800. Remington ne acquisì il brevetto e lo impose al mondo (cioè alle dattilografe che come unica attività battevano a macchina).
Poco senso avrebbe avuto la disposizione QWERTY per le successive generazioni di macchine da scrivere elettroniche e meno che mai con le tastiere dei terminali informatici. Sono state comunque progettate tastiere più efficienti della QWERTY ma che hanno trovato sul mercato uno spazio solo marginale.
Per capirne il perché basta pensare al disorientamento che provoca la semplice riorganizzazione dell’interfaccia di un programma informatico quando gestualità ormai acquisite ed assimilate al punto da rendersi pressoché automatiche vengono sconvolte dal semplice spostamento di una voce di menù. Per questo è molto scomodo transitare da un word processor ad un altro: qualunque modifica all’interfaccia suscita fastidio ed impazienza. E proprio in virtù di queste resistenze al nuovo ci rivolgiamo a quello con cui abbiamo la massima dimestichezza.
Così, anche se le ragioni per la sua affermazione sono più che obsolete, QWERTY resiste ancora e sempre, persino sulle tastiere virtuali dei tablet perché, come giustamente lo storico Erodoto ha affermato: “la consuetudine è la regina di tutte le cose”.
Erodoto faceva riferimento al re persiano Cambise che voleva testardamente modificare le abitudini, anche religiose, del suo popolo, arrivando ad offendere e deridere le statue degli dei. “Solo un pazzo, potrebbe offendere le cose sacre e i costumi tradizionali, di cui ogni popolo è sommamente geloso e che giudica i migliori”.
L’insegnamento di Erodoto appare valido anche ai giorni nostri. Tentare di annullare le tradizioni e le abitudini di un popolo nell’ambito delle tradizioni religiose può essere molto, molto pericoloso.
Molte parole sono rimaste ancorate alla prima formulazione d’origine e nessuno si sogna di aggiornarle. La penna da scrivere era una penna di un volatile, la cappelliera nell’aeromobile continua ad essere chiamata così, come la carrozza del treno che altro non era che una carrozza trainata dai cavalli.
Anche la ricerca di mercato deve fare i conti con la potenza della consuetudine nella sua capacità di freno all’innovazione; spesso è più importante conoscere quello che non può essere alterato di quello che invece va rinnovato.
Molti stilisti più volte hanno tentato di lasciarsi dietro il jeans in favore di altri filati, ma i consumatori, testardi, non li hanno voluti seguire.
Molti, tanti, prodotti considerati dal pubblico come fortemente innovativi (ma lo erano solo concettualmente nelle teste degli inventori) si trasformano in flop nelle loro applicazioni pratiche (tante spese, zero vendite).
E qui entra in gioco l’esperienza del ricercatore e il metodo impiegato nella ricerca di mercato per dare indicazioni inequivocabili sull’accoglienza dell’innovazione, ma il discorso diventa lungo …