La struttura produttiva del nostro paese è dominata da una dimensione medio-piccola dell’impresa e da un’ impronta intensamente familiare, per cui spesso il management corrisponde alla proprietà o comunque viene interamente pilotato dalla proprietà.
Anche se, inevitabilmente, le generazioni dei titolari si succedono e si ricambiano, permane spesso un analfabetismo di fondo per quello che riguarda la moderna cultura aziendale; si dirige l’azienda secondo linee-guida apprese dalla precedente generazione, con un profondo scetticismo nei confronti dell’apporto delle moderne tecniche di gestione dell’impresa.
Questo atteggiamento di renitenza nei confronti del marketing e, ancor più, della ricerca di marketing abbiamo avuto modo di constatarlo di persona nel corso di decenni di esperienza personale; certamente i quadri dirigenti più giovani, talvolta i figli, sono stati esposti nel corso dei loro studi ai fondamentali del marketing ma senza che abbiano la possibilità di applicare questa leva per far crescere (o almeno sopravvivere) l’impresa nella quale lavorano.
La presa infatti della precedente generazione sul controllo dell’impresa permane inalterata anche quando l’età diventa troppo avanzata. Quotidianamente vediamo tante, troppe imprese abbassare definitivamente il bandone. Un bollettino di guerra che coinvolge anche marchi un tempo famosi se non leader; tutto questo avviene perché si pretende di affrontare il mercato ed i concorrenti senza disporre della conoscenza complessiva del mercato e del proprio posizionamento.
In tempi di difficoltà economiche come l’attuale fase, questo atteggiamento corrisponde a rinunciare ad usare il GPS per il posizionamento della nave, navigando a vista con una terribile nebbia, fino al fatale incontro con le scogliere.