Ad Orwell si deve l’anticipazione del neoidioma globale, gergo al quale autorità, media ossequienti e cittadini ancora più ubbidienti si devono attenere.
L’oldspeak tramonta, per venire sostituto dal ben più flessibile newspeak, strumento di un programma un’egemonia (linguisticamente anglofona) culturale, politica, etica, etc..
Nel romanzo 1984, Winston Smith, impiegato al Ministero della Verità, è continuamente impegnato a riscrivere la storia visto che gli è stato affidato un importante compito anzi quello più importante di tutti, basato sul motto.“Chi controlla il passato controlla il futuro e chi controlla il presente controlla il passato”.
Per poter svolgere al meglio questo incarico naturalmente viene adottato un nuovo lessico, il newspeak. Una nuova lingua, costruita in un laboratorio neolinguistico che deciderà quali siano i concetti, estratti da un inventario di concetti considerati ammissibili, che dovranno essere diffusi, adottati e, ovviamente imposti presso la popolazione.
Il presupposto è che è il linguaggio a determinare il pensiero (e non il contrario) e spetta al Ministero della Verità costruire il nuovo linguaggio, politicamente corretto, da imporre silenziosamente al corpo sociale.
La nuova lingua, come profetizzata da Orwell, è caratterizzata dalla semplicità e estrema povertà di significati, una caratteristica che la rende inadatta ad esprimere pensieri complessi. La comunicazione si riduce così al minimo necessario per la sopravvivenza.
Il numero di parole si riduce sempre di più e il loro significato è sempre più ristretto ed appuntito, di modo che sia impossibile esprimere significati divergenti da quelli previsti.
Con il progressivo inserimento nel corpo sociale, la popolazione perde la capacità di pensare ma anche di dissentire, in assenza del veicolo linguistico.
Nel contesto attuale l’allarme generato dalla diffusione del virus necessita di un rinforzo con una continua diffusione di bollettini sulla mortalità. La progressione del contagio modifica la percezione dell’ambiente che ci circonda. L’obbligo del confinamento e l’incertezza di normative che si modificano di giorno in giorno, di regione in regione, di comune in comune, ha fatto il resto.
Proporre alla popolazione una difesa efficace dal mondo invisibile dei virus ha portato allo sviluppo di un repertorio linguistico, soprattutto anglofobo (molto più cool del nostro italiano).
Siamo appena usciti (anche se non completamente) dal lockdown, periodo in cui, alcuni fortunati (comunque oltre il 90% della pubblica amministrazione) ha proseguito l’attività con lo smart-working (e che bello fare lo smart-working con lo smart-phone).
Evidentemente quello che si faceva precedentemente in ufficio non era smart ma solo banale lavoro. Per fortuna tutti coloro che non hanno potuto proseguire l’attività lavorativa per richiedere del denaro hanno potuto partecipare al click-day (durato in realtà meno di 2 secondi).
La quasi fine del lockdown ci consente di uscire di casa con la mascherina per evitare il droplet ma con la distanza sociale ci stiamo salvando dal contagio.
Se veniamo coinvolti in un flash mob possiamo salvarci solo con la immunità di gregge anche se al momento la curva piatta (che fa il paio con le convergenze parallele) sembra salvarci.
Il marketing della paura rappresenta un classico nell’ambito commerciale per promuovere ad esempio polizze assicurative, prodotti anti-invecchiamento, disinfettanti, articoli per la cura della casa e della persona.
Ma le nuove opportunità commerciali e socio-politiche che la situazione apre impone anche che nuove strade vengano aperte.
L’ansia crea le condizioni ideali affinché le persone normali agiscano in modo anomalo e persino indulgere in comportamenti e atteggiamenti che non avrebbero mai assunto.
Camminando in sentieri isolati in montagna a quota 1500 mi è capitato di incrociare alcuni rari passanti, muniti di mascherina, fermi ai lati del sentiero per rispettare nel passaggio la distanza sociale evitando anche di contraccambiare il consueto saluto (probabilmente stavano irragionevolmente trattenendo il respiro).