C’è stato un tempo, relativamente recente, solo una generazione fa, quando un mondo aperto, connesso, senza barriere, dove tutte le informazioni potessero circolare senza controllo, senza censura appariva un’utopia remotissima; quel mondo adesso ce l’abbiamo, è il nostro mondo, ma l’utopia sta assumendo le venature dell’incubo ultratotalitario, quello di una sorveglianza senza limiti.
Il pianeta è ormai sommerso dai big data, prodotti per il 90% negli ultimi 2 anni in grazia della propensione a condividere foto, video, messaggi dei suoi abitanti. Un’esposizione itinerante, attualmente a Londra, Big Bang Data illustra meraviglie e pericoli del nuovo mondo; nelle parole degli organizzatori: l’esposizione Big Bang Data esplora l’emergenza del database come struttura di supporto per il pensiero culturale e politico e le conseguenze della dataficazione del mondo.
Molto interesse ha attratto un’opera: I know where your cat lives, composta da un milione di foto postate su Internet, dalle quali si può risalire all’indirizzo del proprietario del gatto (o comunque di chi ha scattato la foto postata su Internet).