H&M chiede scusa per la foto di un ragazzo di colore che indossa una felpa con sopra scritto “scimmia”.
Nivea blocca la campagna “White is purity” , criticata come campagna razzista.
La carta igienica di colore nero Personal viene boicottata perché promossa con lo slogan “Black is beautiful”.
Sono in effetti numerosi sono i casi di campagne giudicate dal pubblico offensive (recente il caso di Pandora) o che comunque prestano il fianco a critiche e boicottaggi .
Il nostro ricordo va al periodo in cui un’importante multinazionale del settore alimentare consegnava ai product manager junior un manualetto di un centinaio di pagine nel quale, passo passo, veniva indicato il “che fare” prima di lanciare un prodotto o dare il via ad una campagna pubblicitaria.
Questo controllo, veniva indicato nel manuale di istruzioni, serviva proprio ad evitare errori facilmente prevedibili e quindi evitabili. Denominazioni di prodotti sbagliate, loghi improbabili, campagne che si prestavano a interpretazioni non omogenee del contenuto, concetti di prodotto improponibili, posizionamento di prodotto e marketing mix in conflitto con l’immagine stessa della company …, tutti aspetti verificabili ex ante, minimizzando il rischio di errori.
Forse il manuale d’uso, talvolta anche il buonsenso, è ormai scomparso dalla scrivania di troppi manager.
C’è da chiedersi in effetti come sia possibile per un’azienda proporsi con un messaggio tanto imbarazzante, specialmente in tempi dove impera il politically correct.
Difficile credere che sia opera di uno stagista al quale viene affidata la gestione della campagna. Prima di impegnarsi in un investimento così oneroso per una campagna pubblicitaria, talvolta addirittura condotta su scala globale, ogni messaggio dovrebbe essere testato e tarato tramite un copy-test, sia presso il pubblico target (eventualmente nelle singole nazioni) che presso la pubblica opinione.
A meno che non amiate rischiare!