A questo punto sono diverse le fonti che affermano come le informazioni legate agli account di Facebook siano state utilizzate ai fini della campagna elettorale di Donald Trump. Ma un ruolo decisivo potrebbero averlo avuto anche gli strumento di marketing messi a disposizione da Facebook stessa ed utilizzati dall’équipe di Trump (per inciso sarebbe comunque tutto perfettamente legale).
Già nei mesi precedenti la campagna elettorale la stessa Facebook avrebbe “manipolato” la reattività emotiva degli utenti a fini “sperimentali”, sfruttando informazioni sui loro umori (atteggiamenti, interessi, inquietudini). Facebook avrebbe anche messo questo tipo di informazioni a disposizione degli inserzionisti.
Quando Cambridge Analytica ha rivendicato il proprio ruolo nel successo a sorpresa di Trump, preoccupazioni sono state espresse per il fatto che sarebbe stato possibile “manipolare” con un algoritmo le scelte di voto di un’ intera comunità. Cambridge Analytica ha preteso infatti di disporre di una “salsa segreta” con la quale le sarebbe stato possibile definire esattamente il profilo psicologico di ogni elettore (in termini tecnici: “profilo psicografico”).
Ma al servizio di Trump sarebbero intervenuti, sempre utilizzando la base dei dati messi a disposizione da Facebook, anche altri “operatori”, che a loro volta si sono fatti avanti per rivendicare i propri meriti.
Secondo un articolo pubblicato su Bloomberg (“Inside the Trump Bunker, with Days to Go”), già nella fase iniziale delle primarie sarebbe scattata un’intensa attività digitale con l’acquisto da parte di Giles-Parscale (un’azienda con legami ravvicinati con la famiglia Trump) di 2$ milioni di inserzioni su Facebook. Sono poi stati scaricati sulla piattaforma pubblicitaria di Facebook tutti i sostenitori dichiarati di Trump e, per mezzo di uno strumento di Facebook denominato “Custom Audiences from Customer Lists”, i sostenitori effettivi sono stati abbinati ai loro doppi virtuali, che un altro strumento di Facebook ha analizzato per profilo etnico, provenienza familiare, genere, località (ed ulteriori identità e affinità).
A questo punto sarebbe venuto il turno di “Lookalike Audiences”, un ulteriore strumento di Facebook, per individuare gli elettori con interessi e profili assimilabili a quelli del rispettivo gruppo d’origine per mettere a punto inserzioni basate su questi tratti (inserzioni preventivamente testate utilizzando i sondaggi Brand Lift di Facebook).
Si pretende che il conto finale della comunicazione digitale sia ammontato a 70$ milioni al mese.
Senza aver bisogno di creare messaggi individuali per ogni elettore, la campagna su Facebook a favore di Trump avrebbe testato centinaia di migliaia di inserzioni elettorali a favore del candidato: periodicamente sarebbero state testate dalle 40 alle 50mila varianti di inserzioni, verificandone le performance nei diversi formati (e l’effetto di singole modifiche, anche minuscole). Nel solo giorno del terzo ed ultimo dibattito presidenziale sarebbero state testate 175mila varianti.
Questa sarebbe la parte finora emersa sul ruolo di Facebook.
Ci sono state poi le attività su Twitter, Snapchat…
Nel nostro paese le regole del gioco elettorale sono diverse e, necessariamente, diverse devono essere le tecniche di comunicazione e di mobilitazione dell’elettorato, sia quello propenso a sostenere il candidato che quello che vi si contrappone (per disincentivarlo dall’espressione del voto)…