Eh si, perché probabilmente non c’e’ stato alcun errore, tutto e’ andato come previsto e l’obiettivo e’ stato (quasi) raggiunto, basta insistere un altro po’e la missione sarà definitivamente conclusa.
Il settore automotive rappresenta, in Europa, uno dei pilastri industriali più importanti per occupazione e giro d’affari.
Da decenni viene studiato costantemente da istituti di ricerca, università e società di consulenza, utilizzando ogni possibile tecnica di analisi.
Non si tratta solo di analizzare il presente, ma di proiettare scenari futuri basati su opinioni, atteggiamenti e motivazioni d’acquisto di consumatori e stakeholders (compresi rivenditori, concessionari e i diversi produttori di tutta la filiera).
Basti pensare che per studiare anche il design di un cofano si investono milioni. Immaginiamo allora quanto sia stato investito per prevedere gli scenari della transizione elettrica.”.
È impensabile che un’industria che investe miliardi in studi di mercato possa non aver previsto le conseguenze della transizione forzata all’elettrico.
Qualcuno ha voluto che le cose andassero così.
Questo per dirti che molti, tutti i decisori, erano probabilmente consapevoli già da molto tempo di quello che sarebbe accaduto nella transizione all’elettrico nonostante il supporto degli ingenti investimenti promozionali, la massiccia propaganda pubblicitaria e il sostegno dei media: crollo delle vendite (anche delle auto benzina e diesel a causa del disorientamento dell’acquirente), probabile chiusura delle imprese della filiera con conseguente perdita di posti di lavoro, inefficacia degli incentivi etc… in pratica una totale catastrofe annunciata dell’intero comparto dell’automotive.
Oggigiorno analisti, politici, giornalisti affrontano l’argomento come se nessuno potesse prevedere di cosa potenzialmente sarebbe potuto accadere salvo sostenere che c’e’ stata una catena di errori e di scarsa considerazioni delle problematiche associate ai tempi di ricarica delle auto elettriche, all’autonomia, alla carenza di infrastrutture e delle colonnine di ricarica, del prezzo… etc
Cioè viene fatto solo riferimento all’incapacità’ dei decisori nella gestione della transizione green del mercato quindi, come sempre avviene, ex post, si pensa ai possibili rimedi per correggere il tiro intervenendo sulle dinamiche di mercato della domanda e dell’offerta.
Ovvero, si pensa che modificando l’offerta e incentivando ulteriormente la domanda, correggendo gli errori, tutto si risolverà.
Poi, lo sai bene, che tutti sono bravi, sempre dopo, ad individuare le ricette giuste per intervenire.
Studi di mercato, condotti su scala globale per decenni, prevedevano chiaramente che l’auto elettrica avrebbe faticato ad affermarsi, soprattutto in Europa, dove la domanda era limitata e i consumatori mostravano scetticismo. I dati indicavano chiaramente un mercato di nicchia, concentrato su modelli di fascia alta e su usi specifici.
𝐄𝐫𝐚 𝐟𝐢𝐧 𝐭𝐫𝐨𝐩𝐩𝐨 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐢 𝐠𝐫𝐞𝐞𝐧 𝐝𝐞𝐚𝐥 𝐚𝐜𝐜𝐞𝐥𝐞𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐞 𝐚 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐢 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐦𝐨𝐬𝐬𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐞𝐬𝐚𝐠𝐞𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐬𝐜𝐚𝐝𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐫𝐚𝐯𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐚𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐟𝐢𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐞𝐧𝐝𝐨𝐭𝐞𝐫𝐦𝐢𝐜𝐨 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢𝐚𝐯𝐚 𝐝𝐢 𝐝𝐢𝐬𝐭𝐫𝐮𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧’𝐢𝐧𝐝𝐮𝐬𝐭𝐫𝐢𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐨𝐥𝐢𝐝𝐚𝐭𝐚. Comunque la transizione tecnologica auspicata dal green deal non poteva avvenire solo forzando la domanda.
Pertanto se consideriamo che molti attori coinvolti – governi, analisti, media e istituzioni – fossero pienamente consapevoli delle conseguenze negative di una transizione accelerata verso l’elettrico, diventa evidente che la scelta di portare avanti una simile politica non può essere giustificata come un semplice errore di valutazione.
Le motivazioni vanno cercate altrove, in ambiti che trascendono il mercato automobilistico in senso stretto. Una scelta di questo tipo suggerisce l’esistenza di fattori esterni o di interessi nascosti che hanno prevalso sul benessere economico interno.
Chi ha il potere decisionale consapevole che il mercato delle auto elettriche non era ancora maturo e che molte di esse vengono prodotte in paesi esteri a costi più competitivi rispetto alla produzione nazionale, ha deciso comunque di incentivare massicciamente l’acquisto di veicoli elettrici.
Sono stati offerti bonus e incentivi significativi per promuoverli, mentre nel contempo sono state disincentivate le auto a motore endotermico, che rappresentano la produzione tradizionale nazionale.
Il risultato è che non solo il mercato delle auto elettriche non e’ decollato, ma anche il mercato delle auto a combustione interna e’crollato a causa del disorientamento dei consumatori e della pressione normativa.
Forse politici e analisti potrebbero aver creduto che gli incentivi avrebbero compensato i costi della transizione. 𝐄’ 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐚 𝐝𝐨𝐦𝐚𝐧𝐝𝐚 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐯𝐚 𝐦𝐨𝐝𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐝𝐞𝐜𝐫𝐞𝐭𝐨, 𝐞 𝐢𝐠𝐧𝐨𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐧𝐜𝐢𝐩𝐢𝐨 𝐡𝐚 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐫𝐢𝐬𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐨𝐬𝐬𝐞𝐫𝐯𝐚𝐧𝐝𝐨.
La politica dell’elettrico “a tutti i costi” a mio avviso non è il frutto di ignoranza o errore, ma piuttosto di una scelta consapevole basata su interessi strategici, geopolitici ed economici. Il problema principale non è il passaggio all’elettrico in sé, ma l’accelerazione eccessiva e forzata, che non ha voluto tenere conto delle realtà del mercato, delle preferenze dei consumatori e della nostra capacità industriale.
La storia economica insegna che le transizioni troppo rapide spesso portano più danni che benefici, specialmente quando non si costruisce un percorso graduale e sostenibile.
Ho detto che le motivazioni vanno cercate altrove, spesso in ambiti che trascendono il mercato automobilistico in senso stretto. Ecco alcune possibili ragioni: Pressioni geopolitiche e strategiche dettate dagli impegni internazionali sul clima, il Greenwashing” delle politiche pubbliche e apertura totale alla produzione asiatica, statunitense e cinese. La Cina domina la produzione di batterie agli ioni di litio e dei materiali necessari (come il litio e il cobalto). Favorire l’auto elettrica significa rafforzare indirettamente questo settore, spingendo paesi occidentali a dipendere da fornitori esteri.
Io credo che la transizione all’elettrico potrebbe essere parte di un piano più ampio di Modifica dei Comportamenti Sociali nell’ottica di cambiare il modo in cui le persone utilizzano i veicoli (ad esempio, promuovendo il possesso privato di automobili e modificando l’utilizzo delle auto in ambito metropolitano ).
Politici e governi che promuovono il green hanno trovato nell’auto elettrica un “manifesto” facile da comunicare, anche se i costi economici e sociali erano evidenti.
Il discorso è stato spesso semplificato: “𝑷𝒊𝒖̀ 𝒂𝒖𝒕𝒐 𝒆𝒍𝒆𝒕𝒕𝒓𝒊𝒄𝒉𝒆 = 𝒎𝒆𝒏𝒐 𝒊𝒏𝒒𝒖𝒊𝒏𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐”, ignorando gli impatti sul lavoro, sull’indotto e sulle infrastrutture e soprattutto sulle vita delle persone.
A mio avviso la catastrofe annunciata per l’industria dell’automotive era ampiamente prevista e prevedibile, ma probabilmente è stata accettata come un costo necessario per obiettivi più ampi (spesso vaghi o mal calcolati).
Spero di sbagliarmi ma al momento la transizione ha causato gravi danni all’industria automobilistica, all’occupazione e all’economia in generale.