La pubblicità, per fare leva, dovrebbe contenere almeno un fondo di verità su quanto promuove: “Fare pubblicità a un prodotto scadente”, diceva Bill Bernbach,“serve solo a farlo fallire più in fretta in quanto più persone constateranno quanto è di scarsa qualità”. La proposizione va letta anche in senso positivo: fare pubblicità ad un prodotto di valore riconosciuto esaltandone le caratteristiche positive promuove le vendite.
Nel 1949 la Wolkwagen lanciò sul mercato statunitense la sua piccola auto a forma di goccia (il progetto era di Ferdinand Porshe). Fu un disastro 300 pezzi venduti in un anno. Fra l’altro la piccola auto era stata soprannominata “l’auto di Hitler”, con le ovvie conseguenze in termini di vendite.
In controtendenza allo spirito U.S.A. a quel tempo predominante, per il quale tutto doveva essere grande, anzi di più, Berbach realizzò una campagna all’insegna del “think small”, riposizionando la piccola auto, denominata simpaticamente “maggiolino”, e riuscendo a catalizzare l’interesse (e gli acquisti) dei consumatori reticenti davanti agli eccessi del “grande a tutti i costi”.
L’espediente funzionò, così come funzionò il messaggio creato per la società di autonoleggio AVIS, molto distante dal leader Herz: “Siamo solo il Numero 2 nell’autonoleggio, perché sceglierci? Perché ci impegniamo di più”.
Bernbach, morto nel 1982, è tuttora considerato il più grande tra i pubblicitari.