Sarebbe meglio chiedersi se funziona o meno, se cioè ottiene il risultato ricercato. Il confezionamento deve (dovrebbe) suscitare uno stato d’animo che sinergizzi con il momento e la motivazione dell’utilizzo. Dopo aver avuto occasione in ambito professionale di testare molti packaging (di prodotti, luoghi, imprese, ma anche personaggi politici) ho maturato il convincimento che l’immagine (la percezione del prodotto) risulti decisamente più importante del prodotto stesso, dal momento che l’immagine raccontata e percepita è l’elemento decisivo per la sua affermazione sul mercato.
La parola pack o packaging per gli anglosassoni va ben oltre il significato di confezionamento (ovvero l’inscatolamento di un prodotto grocery, sigarette, pomodori o farmaci); si parla infatti di packaging persino in riferimento all’immagine se non allo stesso “Presidente degli Stati Uniti”, oltre che per ristoranti, catene di negozi, leader d’opinione e pur anche guerre e conflitti sparsi per il mondo.
Il packaging, altro non è che il modo di proporre al mercato un concetto (che poi si tratti di un prodotto, una situazione o una persona niente cambia). Riprogettare il pack significa cambiare totalmente la faccia al prodotto e una nuova confezione è la strada più rapida per acquisire (ma anche perdere, se non ben progettata) quote di mercato.
Il pack è in definitiva l’anima del prodotto, suscettibile di modificare da cima a fondo il percepito stesso della novità, di suscitare un effetto sorpresa, sinergizzando con il nostro stato d’animo anche con l’appeal sensoriale che lo denota, conferendo anche ad un prodotto “vecchio”, un look completamente rinnovato che lo trasforma nel nostro nuovo compagno di viaggio, quello in cui riponiamo la nostra fiducia.
Altro che la ricerca dell’estetica del bello se non del creativo-a-tutti –i-costi. Bello, brutto o cattivo non si addicono al marketing, tutto dipende da target di riferimento e quel che è brutto per alcuni può essere incredibilmente meraviglioso e denso di significati per altri (vedi le opinioni antitetiche nei confronti dei personaggi politici da parte dei rispettivi sostenitori o avversari). Si deve sempre tener presente che la comunicazione spinge i consumatori verso le merci ma è il marketing che strategicamente muove le merci verso i consumatori, segmentandoli e intercettandone i bisogni.
Un’ultima avvertenza, c’è stata di recente un’innovazione semantica (anche il marketing non sfugge alle mode): anche quel tipo di confezionamento di tipo narrativo che oggi viene ridenominato storytelling non è altro che una forma di packaging. Nihil sub sole novum.