Quando acquisto (o anche mi regalano) un prodotto nuovo, diverso dal solito, o comunque diverso da quello già in mio possesso, mi ritrovo ad acquistare a cascata tutta una serie di altri prodotti associati al primo, in un processo inesauribile di rinnovo di tutto quello che in precedenza utilizzavo.
Con l’acquisto di una nuova auto, ad esempio, viene l’esigenza di acquisire altri gadget coordinati con il nuovo look dell’auto così come c’è la spinta ad acquistare anche oggetti che già possiedi se si parla di un vestito: necessitano di abbinamenti giusti scarpe e calze, cravatta e magari un soprabito.
Acquistare una semplice tovaglia da tavolo comporta l’acquisto di tovaglioli coordinati e se poi è una tovaglia natalizia, allora saranno coinvolti tutti i prodotti da mettere sulla tavola per l’occasione.
Anche la carta igienica non è da meno, perché, ed i produttori di tissue ne sono consapevoli, viene scelta per essere in tono con le tende, magari con le piastrelle e con gli asciugamani.
Qualcuno penserà che si tratta di un puro e semplice cross-selling, in realtà l’effetto è molto più articolato perché in questo caso vengono coinvolte più categorie di prodotto, acquisti diluiti nel tempo, ma – e qui sta la vera differenza – il tutto senza l’intervento di un venditore che consigli e spinga all’acquisto. Una serie di acquisti non programmati che non tengono conto della convenienza e dell’utilità ma piuttosto del coordinamento di stile.
Questo, in sintesi, l’effetto Diderot, sì proprio lui, il filosofo francese.
E se in questa trappola di marketing ci cascano i filosofi, come potranno i comuni consumatori difendersi?
La spiegazione dell’effetto Diderot sta nel fatto che i prodotti definiscono la nostra identità e per rafforzare questa identità necessitano della massima coerenza tra di loro. L’effetto Diderot ci fa consumare più cose stilisticamente coerenti. Consapevoli di questo, i grandi marchi facilitano questo processo e ci offrono vendite abbinate o articoli aggiuntivi che potenziano la nostra immagine sociale. In ogni caso, l’identificazione con qualcosa che siamo o vogliamo mettere in luce. [Per approfondire l’effetto Diderot]
È forse un’inutile tautologia precisare che gli acquisti inutili ingenerano nel consumatore una ben scarsa soddisfazione.
Ma non sempre! Infatti se vi è stato un salto di qualità nel fare acquisti percepiti come utili e specificatamente orientati alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente il paradigma cambia. Di questo ne sono consapevoli le aziende che ormai, volenti o no, si sono convertite al green e sono fermamente promotrici dell’economia circolare.
I consumatori promotori della sostenibilità hanno iniziato quindi a sostituire i beni posseduti con altri più durevoli, puliti ed ecologici; si recano al lavoro in bicicletta, riutilizzano l’acqua piovana, usano l’estrattore dei succhi a freddo, vestono animal free e si alimentano con i prodotti messi a disposizione dall’industria dove in etichetta prevale la scritta GREEN.