Se il mondo della nostra politica è in totale subbuglio, con continue lacerazioni, ricomposizioni e trasmigrazioni di massa degli eletti verso pascoli più sicuri e/o confortevoli, è perché sta succedendo qualcosa, e non solo nel nostro paese.
I risultati del referendum in Gran Bretagna, quelli delle elezioni negli Stati Uniti, ma anche l’esito del referendum costituzionale in Italia, sono tutte manifestazioni della liquidità degli umori (e dei timori) degli elettori, i quali tendono a privilegiare nell’ascolto le voci di chi protesta più forte. E la programmazione radio-televisiva testimonia il sovrapporsi delle parole urlate.
I centri di potere (quelli che agiscono dietro le quinte) sono, legittimamente (dal loro punto di vista) preoccupati, perché loro da perdere hanno davvero parecchio; quando le istituzioni smarriscono ogni credibilità, sarà la strada a comandare e nessuno sa quel che può succedere.
Esistono precedenti preoccupanti in proposito.
Sono queste le situazioni che spalancano la porta ad una nuova offerta politica, che si possa presentare immacolata e non compromessa, in grado di promettere e essere credibile. Per questo c’è bisogno di ascoltare i borborigmi della pancia (qualcosa di più intensamente viscerale delle urla) dell’elettorato.
Per questo occorre potersi presentare come incarnazione del nuovo, tanto atteso ed invocato, in rottura definitiva con l’attuale assetto, ed al tempo stesso rassicuranti.
Per questo c’è bisogno del lavoro di analisi della ricerca motivazionale, che, sotto la veemenza di proteste ed insofferenze, possa riconoscere le parole attese per, di nuovo, mettere insieme un racconto credibile da condividere, per delineare un nuovo cammino di speranza. Ma, per ricominciare bisognerebbe cominciare ad utilizzare gli strumenti dell’ascolto.