Se qualcuno ci chiede notizie sul Sig. Tizio, che non abbiamo mai incontrato, non possiamo evidentemente esprimere alcuna opinione. Ma se anche per una sola volta abbiamo avuto modo di incontrare Tizio ci sentiamo già in grado di dire qualcosa. Se abbiamo avuto la ventura di vedere tutta la famiglia di Tizio al completo per pochi minuti, bè allora il discorso cambia e ci sentiamo autorizzati a delineare un quadro quasi definitivo. L’ambiente, l’aspetto fisico, l’abbigliamento, il momento, il contesto e le poche parole scambiate forniscono una serie di dettagli che riteniamo sufficienti per classificare la famiglia di Tizio. Volenti o nolenti siamo fatti così. Lo stesso processo cognitivo coinvolge le aziende e i prodotti con i quali abbiamo a che fare quotidianamente. Ciò che non può essere previsto è il parametro usato dal consumatore per esprimere i suoi giudizi e le sue valutazioni.
La reputazione e la personalità dell’Azienda sono elementi fondamentali almeno quanto la qualità e l’immagine dei suoi prodotti.
Le Aziende che hanno impostato la propria attività assecondando i principi del Marketing fanno leva sul valore aggiunto che la marca conferisce ai prodotti per ampliare l’offerta e, conseguentemente, fidelizzare l’acquirente. Ogni marca cerca di espandere la propria linea di prodotti per evitare che il consumatore si rivolga alla concorrenza immettendo sul mercato un numero sempre maggiore di prodotti. Per sperare di avere qualche probabilità di successo i nuovi prodotti necessitano di un’assoluta coerenza con la marca, sia in termini di posizionamento che di attributi, e di un adeguato investimento pubblicitario. Essendo poche le aziende che riescono a garantire sia l’uno che l’altro, e dal momento che ogni marca tenta di espandere le proprie linee, funzionando come un ombrello a garanzia dei vari prodotti, gli scaffali si riempiono di prodotti dalla vita breve o dalla lunga agonia, con conseguente indebolimento finanziario per i vari competitori. La Distribuzione d’altro canto non può permettersi di tenere in carico la totalità delle referenze che le vengono proposte ed è costretta ad operare delle scelte escludendo la maggior parte dei prodotti dal proprio assortimento.
Un’azienda che opera nel toiletries, partendo dal suo core business, tenderà ad offrire tutto ciò che genera un minimo di profitto, presidiando con le sue proposte le singole tipologie merceologiche. Così l’Azienda che si è imposta sul mercato con le salviettine umidificate tenderà ad allargarsi nel settore della detergenza intima ed in quello della pulizia del cavo orale; quella che è partita dallo shampoo si sposterà sui deodoranti per persona e sui profumi spray, quella che è nata con il profumo creerà innumerevoli linee di creme per la cura di ogni area del corpo. Vi sono anche casi di aziende che usano il proprio marchio come garanzia di appartenenza ad uno stile di vita, piuttosto che di standard qualitativo, (questa è la regola nel settore fashion) cedendo la licenza d’uso indifferentemente ai settori più disparati: auto, profumi, orologi, sigarette, etc.
Nel settore dei semidurevoli le cose non sono diverse. Anche i produttori di auto, elettrodomestici, farmaci, prefabbricati, computer, cercano di coprire i vari segmenti di mercato moltiplicando le linee di produzione. Se a questa iper offerta, diffusa in ampiezza e profondità, sommiamo i prodotti della produzione estera, ci si può rendere conto delle difficoltà che incontrano le industrie non dico a continuare a generare profitto, ma a sopravvivere.
Ogni anno vengono immessi sul mercato migliaia di nuovi prodotti. In rari casi si tratta di prodotti realmente innovativi e nella maggior parte dei casi sono repliche e imitazioni di prodotti marcati e rimixati diversamente di cui il mercato non ha espresso una domanda. I prodotti che escono dal mercato sono relativamente molti meno di quelli che entrano a farne parte, originando un saldo attivo che crea difficoltà logistiche alla Distribuzione e disorientamento nel consumatore. Tutto ciò aumenta a dismisura l’offerta, mette in moto meccanismi di concorrenza esasperata e rende pericolosa la situazione delle aziende che immettono sul mercato prodotti cui il mercato non mostra interesse e incoerenti con l’immagine e la personalità dell’Azienda.
L’immagine di marca infatti presuppone una coerenza di attributi ed un’imprescindibile continuità ed affinità fra tutti i prodotti che contraddistingue. I riferimenti per il consumatore devono infatti essere familiari, costanti e ben definiti e non possono variare se non con grande cautela.
Non si può cambiare personalità o missione aziendale così come si cambia un vestito, o improvvisarsi per ciò che non si è. Il rischio altrimenti è quello di perdere ogni corrispondenza con la rappresentazione che era stata interiorizzata; a quel punto la confusione e lo sconcerto sarebbero inevitabili. Il consumatore, infatti, richiede dei riferimenti costanti e tanto più l’Azienda è familiare, tanto più questa non può prescindere da una continuità d’immagine.
Il vero problema molto spesso nasce dal fatto che il management crede di conoscere a fondo l’azienda e di sapere come la pensano i vari pubblici con cui entra in contatto. Talora i responsabili aziendali trovano sorprendenti i risultati delle ricerche che vengono condotte per accertare lo stato dell’immagine trasmessa. L’identità rappresenta infatti sia il limite che la forza dell’azienda. Risulta molto evidente che con il marchio Sony non si può proporre un prodotto alimentare. Può risultare meno evidente che un produttore di yogurt non avrebbe chance di inserirsi nel mercato del latte, mentre è consuetudine che avvenga l’inverso (quasi tutte le aziende del comparto propongono varie linee di yogurt).
I criteri associativi e il rapporto con l’azienda ed i prodotti sono straordinariamente mutevoli e solo metodologie d’indagine appropriate possono consentire una corretta lettura dell’immagine. È quello il momento nel quale risulta evidente il carattere, anche umanizzato, dell’azienda: giovane, dinamico, femminile, simpatico fino a definire gli aspetti qualitativi, il know how e la presenza di contenuti immateriali nel prodotto (servizio, estetica, attrattività, etc.). Solo a quel punto è possibile capire cosa realmente il pubblico si attende dall’azienda e conseguentemente programmare estensioni di linea coerenti con le aspettative associate alla personalità del brand e credibili senza correre inutili rischi.
Come diceva Eraclito: Nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, ed egli non è lo stesso uomo.