Quali sono le doti indispensabili per un buon agente di vendita? Questa figura professionale, sempre più richiesta dalle aziende alla ricerca di nuovi clienti cui proporre i propri beni e servizi richiede competenze di marketing e vendita e innanzitutto empatia. L’agente deve infondere fiducia, rassicurare e garantire il potenziale acquirente circa la lealtà personale prima ancora di proporre il prodotto. È infatti cosa acquisita che innanzitutto si vende l’uomo e solo in seconda istanza si vende il prodotto.
Gli agenti di vendita e i distributori (tutti coloro che intermediano le aziende con la distribuzione) rappresentano il vero, ed unico, motore del business nei settori più disparati, dal farmaceutico all’industriale, dal food al chimico, dal sanitario alla nautica.
Lo scambio di beni e la facilità con cui questo avviene ruota intorno ad una parola che nelle vendite assume un sapore magico: FIDUCIA. In questo contesto è facile capire cosa si intende significare quando si parla di “venditore nato” o di “stoffa da venditore”. Non ci si riferisce alla persona che sa tutto dei propri prodotti, ben vestito, puntuale…, che pure sono qualità irrinunciabili per condurre a buon fine la trattativa di vendita, ma ci si riferisce alla capacità personale di socializzare in tempo reale, di esprimere fiducia, trasmettere sicurezza, “empatizzare”.
Prima si vende l’uomo, poi il prodotto! Il buon venditore sa, ad esempio, che deve saper ascoltare piuttosto che parlare. Per sintonizzarsi sulle esigenze dell’acquirente, per capirne le attese si deve concedergli la più ampia possibilità di espressione delle sue opinioni. Solo in questo modo diventa più semplice proporre il nostro prodotto.
Dobbiamo partire dal presupposto che altri venditori hanno esaltato prima di noi le caratteristiche esclusive di ciò che vendono e della casa mandante: le prestazioni, la garanzia, il prezzo, le condizioni di pagamento… ; quindi può essere perdente riproporsi secondo questo modello (in particolare se non abbiamo alle spalle un’azienda di elevato profilo).
Il sorriso accattivante, la disponibilità ad affrontare gli argomenti che stanno a cuore al nostro interlocutore (senza che tutto ciò sappia di artificioso) sono gli elementi per creare quel feeling indispensabile per concludere la vendita. Il presupposto della filosofia commerciale del “vendere prima l’uomo, poi il prodotto” infatti si basa sul fatto che non è umanamente possibile elaborare e riflettere su tutte le informazioni che riceviamo e che alla fine può essere più economico (in termini di tempo) riporre fiducia nell’uomo. Esistono pertanto delle informazioni elementari (dei veri e propri codici d’accesso), in presenza delle quali assumiamo degli atteggiamenti positivi che condizionano il modo di porsi verso le persone (o verso il prodotto). Altre informazioni, su cui basiamo i nostri atteggiamenti, le diamo invece per acquisite perché sono entrate a far parte del nostro patrimonio d’esperienza con sperimentati margini di garanzia. Quando talvolta, forse per puro caso, riflettendo sul nostro comportamento, ci accorgiamo che abbiamo peccato di un eccesso di fiducia ed abbiamo acquistato qualcosa di cui non avevamo necessità, ci sentiamo smarriti nelle nostre più intime certezze.
L’estrema somiglianza tra i vari prodotti che assolvono alle stesse funzioni rende talvolta estremamente difficile per la distribuzione operare una scelta; a parità di prestazioni, di vendibilità e di margine di guadagno (situazione che si verifica molto più spesso di quanto a prima vista possa sembrare) entra in gioco il “fattore umano”.
È in questo frangente che il venditore nato può esprimere al massimo le proprie capacità. Specie per quanto riguarda i prodotti nuovi (a parte il necessario supporto pubblicitario) è il venditore in definitiva a infondere quella fiducia, che già gli è riconosciuta personalmente, nel prodotto. Vi sono dei marchi, sconosciuti a livello nazionale o addirittura regionale, ben presenti e fortemente radicati in alcune realtà locali. Spesso il merito di queste presenze di nicchia sono il frutto del lavoro di ottimi agenti che sono riusciti a stabilire con il rivenditore un feeling che va oltre la trattativa puramente commerciale. Si tratta di un aspetto non sempre considerato, almeno nella giusta luce, dai grandi brand nazionali che, nonostante i cospicui investimenti per creare un’immagine di marca, si scontrano a livello locale con aziende che godono di una forza vendita ben sintonizzata con le attese della distribuzione.
Questo avviene in particolare modo in tutto il settore alimentare dove il contatto con il fornitore è pressoché quotidiano. Se il commerciante entra in un rapporto di estrema fiducia con il venditore, convinto della sinergia di interessi, è difficile per il concorrente interrompere questo patto di ferro. Pensate al mercato del latte, della carne, del formaggio, del vino, dell’acqua, dello yogurt, della pasticceria industriale …: vediamo che accanto alla marca nazionale convive il prodotto locale, non sempre di primo prezzo, talvolta con delle quote di mercato maggioritarie. Il buon venditore non interrompe mai il contatto con l’acquirente e se non lo sente da qualche giorno lo va a trovare per sapere cosa succede, gli invia una email con delle proposte o telefona solo pre sapere come stanno andando certi suoi prodotti. Non lo sentirete mai dire: “passavo di qui per caso” oppure “non vorrei disturbarti” ma andando diritto al dunque, in prospettiva di un riassortimento, ha già pronto l’ordine per il prodotto nella quantità solitamente acquistata. Se non ti prendi cura del tuo cliente, lo farà il tuo concorrente. E ricorda, non sei li per vendere ma per consolidare un rapporto umano con il cliente; di sicuro non ti farà mai lo sgarbo di rivolgersi al concorrente.