C’è da domandarsi chi stia a monte delle scelte che condizionano persino il più banale dei gesti quotidiani, come quello di una consumazione al bar. Come è possibile che gli spiccioli dell’Euro non siano distinguibili che con sforzo?
Ce ne sono due famiglie in due diverse leghe, quelli da 1, 2, 5 centesimi e quelli da 10, 20, 50 centesimi e all’interno di ciascuna famiglia gli uni si confondono fin troppo facilmente con gli altri.
Quella che è mancata, evidentemente, è una (doverosa) verifica dell’AFFORDANCE della nuova moneta.
Con affordance si definiscono le forme fisiche di un prodotto che ci spiegano (alcuni preferiscono l’espressione: ci suggeriscono) come lo dobbiamo utilizzare. L’esempio classico è quello di una di una caraffa d’acqua: il beccuccio ed il manico laterale visivamente farebbero riconoscere il corretto utilizzo della caraffa anche a chi non ne avesse mai vista una prima.
L’irritazione suscitata dalla scarsa maneggevolezza degli spiccioli dell’Euro contribuisce ad inasprire il sentiment nei confronti dell’Euro, delle istituzioni europee e degli stessi governi nazionali al punto che, è recente notizia, alcuni paesi stanno pensando a rimuovere dalla circolazione già dalla fine di ottobre le monete da uno e due centesimi di Euro.
Se facciamo poi riferimento alla polemica sulla pericolosità dei giocattoli (in genere in questo contesto si parla di quelli Made in China) legata all’eventualità che i bambini ne ingeriscano un qualche frammento che riescano a staccare, cosa dovremmo poi pensare delle monetine da 1 e 2 centesimi?
Nel caso degli spiccioli dell’Euro stiamo parlando di un caso estremo, centinaia di milioni di user e molti, molti, miliardi di pezzi, ma la verifica dell’affordance rappresenta un aspetto fondamentale e decisivo per tutti gli oggetti, anche quelli immateriali come il software che dovrebbe sempre essere sottoposto a degli usability test.
Ed in effetti la verifica dell’affordance rappresenta per la ricerca di mercato un’esigenza inaggirabile, l’apparenza fisica non può concedere spazio ad incertezza, deve fornire inviti e vincoli all’uso completamente “a prova di errore”.
Per far riferimento ad un caso concreto della mia esperienza professionale di ricercatore che esprima nel modo più drammatico il ruolo decisivo di un prodotto “a prova di errore”: provate pensare ad uno apparecchio in uso in una sala operatoria con delle falle nella sua affordance che si presti anche ad una remota possibilità di errore nel suo impiego. Provate a pensare a quel che attende il povero paziente anestetizzato…